Facevano passare per Cdr (combustibile da rifiuti) anche i pneumatici di automezzi. Perciò, questa mattina, i termoc0mbustori di Colleferro sono stati sequestrati dai carabinieri del Noe e i componenti della ramificata organizzazione che permetteva gli illeciti, sono stati arrestati o indagati. In tutto sono 13 le persone alle quali i carabinieri hanno notificato ed eseguito ordinanze di custodia cautelare, 25 sono invece gli avvisi di garanzia. Coinvolti nella vicenda giudiziaria sono il direttore tecnico e responsabile della gestione dei rifiuti degli impianti di termovalorizzazione di Colleferro, il procuratore e responsabile della raccolta dei multimateriali dell’impianto di una società di gestione di rifiuti di Roma, soci e amministratori di società di intermediazione di rifiuti e di sviluppo di software, chimici di laboratori di analisi. I reati contestati agli indagati, a vario titolo, sono di associazione per delinquere, attività organizzata per traffico illecito di rifiuti, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, truffa aggravata ai danni dello Stato, favoreggiamento personale, violazione dei valori limiti delle emissioni in atmosfera e prescrizione delle autorizzazioni, accesso abusivo a sistemi informatici. Le indagini, durate circa un anno, sviluppatesi con servizi di osservazione dei luoghi, ispezioni e controlli agli impianti, supportate anche da consulenze tecniche, hanno riguardato la verifica della qualità e consistenza del combustibile da rifiuti (Cdr) che è stato immesso nei cicli gestionali degli impianti di termovalorizzazione di Colleferro, asserviti ai bacini di conferimento dei rifiuti provenienti principalmente dalle regioni Lazio e Campania. Le indagini del Noe hanno permesso di raccogliere inequivocabili elementi di responsabilità a carico dei soggetti che conseguivano ingiusti profitti, rappresentati dai maggiori ricavi e dalle minori spese di gestione dei rifiuti che venivano prodotti e commercializzati come Cdr pur non avendone le caratteristiche, qualificabili, in parte invece, come rifiuti speciali anche pericolosi e quindi non utilizzabili nei forni dei termovalorizzatori per il recupero energetico. Il modus operandi posto in essere consisteva nell’attuazione delle seguenti attività illecite: allestimento di uomini e mezzi (impianti di trattamento e recupero, intermediari, laboratori d’analisi, gestori di rifiuti), che conferivano ingenti quantitativi di rifiuti urbani non differenziati ai termovalorizzatori, classificandoli come Cdr benchè privi delle caratteristiche previste dalla legge; la falsificazione e predisposizione di certificati di analisi redatti da liberi professionisti (chimici) che attestavano falsamente dati sulla natura, composizione e caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti, che hanno consentito la classificazione degli stessi come Cdr; nel richiedere ed ottenere incentivi statali previsti dal CIP 6/1992 (maggiorazione sul pagamento inerente all’acquisto dell’energia prodotta dalla termovalorizzazione da fonti alternative da parte del gestore nazionale per l’energia elettrica) e nel dichiarare al Gestore Servizi Elettrici consumi di gas metano per uso generazione elettrica inferiori a quelli effettivi; eludere i controlli da parte dei carabinieri del Noe con la distruzione o con l’occultamento di certificati ed analisi; alterazione dei dati relativi ai valori fuori limite, attraverso l’introduzione nei sistemi informatici destinati al controllo dei fumi e delle emissioni inquinanti, alla gestione e conservazione dei relativi dati e la trasmissione degli stessi agli organismi di controllo; il condizionamento attuato da dirigenti ed amministratori nei confronti di dipendenti ed operai, anche attraverso pretestuose contestazioni disciplinari e sospensioni lavorative, al fine di evitare la collaborazione degli stessi con l’autorità giudiziaria.