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Masso Killer, processo agli sgoccioli

Penultima udienza oggi in tribunale a Cassino, poi, la giustizia terrena dirà se Agostino Mastrangeli e Gregorio Mattia, sono gli autori del lancio del sasso sull’A1 che è costato la vita, nella notte tra il 12 e 13 agosto del 2005, a Natale Gioffrè. I due sono imputati nel processo in corte d’assise a Cassino per omicidio volontario aggravato da futili motivi. Oggi l’ultima arringa, giovedì prossimo le contro deduzioni e la camera di consiglio.
Il Fatto
Erano quasi le 2 della note tra il 12 e il 13 agosto del 2005 quando, dal cavalcavia di Piumarola, frazione di Villa Santa Lucia (Fr), un masso di 41 chili venne scagliato sulla terza corsia dell’autostrada Roma Napoli in direzione sud. Quel macigno non colpì nessuna auto ma la tragedia si consumò lo stesso quando una Clio guidata da due romani, impattò sul macigno causando lo sbandamento e della vettura e il distacco del motore dal vano che lo conteneva. Tutto il blocco finì, come un proiettile, contro la Golf su cui viaggiava Natale Gioffrè, 46 anni, operaio a Torino, ma originario della Sicilia. Nella sua auto anche il figlio Francesco di 15 anni e due suoi parenti. Natale morì poco dopo causa delle gravi ferite; Francesco è finito in coma per alcuni mesi, Clemente Schinco, 46 anni, che viaggiava nella Golf venne trasferito alla rianimo dell’Umberto I° di Roma. Feriti, ma non in gravi condizioni, sono rimasti il fratello di Clemente, Claudio, immigrato anni fa a Torino per lavoro, e una coppia di ragazzi di Rignano Flaminio, vicino Roma, Radiano D’Abruzzo 23 anni e Giuseppe Martone, 22 anni, che precedevano l’auto dei torinesi sulla Clio. All’arrivo dei soccorsi, il masso trovato sull’asfalto fece capire da subito che quello non era un incidente qualsiasi.
Le Indagini
Squadra Mobile di Frosinone e Polizia stradale della sottosezione, iniziarono a battere il territorio di Piumarola alla ricerca degli autori del gesto. Da subito la pista seguita era quella del gesto di ragazzi, ubriachi o forse drogati che per vincere la noia avevano inventati quel drammatico e criminale gioco. Centinaia i giovani della zona ascoltati in commissariato. Decine i numeri di telefono intercettati migliaia le ore di registrazione delle conversazioni alla ricerca di indizi. Dopo un anno, la pressione degli inquirenti si concentrò su un gruppo di ragazzi, assuntori e spacciatori di droga, ed in particolare su un 18enne, Lorenzo Porcelli che, nel maggio del 2006 raccontò che due suoi amici, Agostino Mastrangeli e Gregorio Mattia, quella sera erano sul cavalcavia della tragedia. Riferì che partendo dal bar di Piumarola, l’auto di Mattia si diresse verso il cavalcavia. Lì si fermò, e mentre il 18enne rimase in macchina a inviare messaggi con il telefonino, i due, Mattia e Mastrangeli, uscirono e poco dopo li vide con un masso in mano, mentre lo scagliavano sulla strada. Poi la loro fuga e la tragedia di Gioffré. La testimonianza, contorniata da altri indizi di minor importanza, ha costituito il fondamento dell’accusa che qualche mese dopo, il 20 settembre, portò all’arresto di Mastrangeli e Mattia. I due, difesi dagli avvocati, rispettivamente Marco Paliotta e Daniele Bartolomucci, vennero scarcerati il 9 ottobre dal Riesame che ritenne quella deposizione poco credibile. Dello stesso avviso anche la Cassazione che diede ragione al Riesame.
Il Processo
La procura di Cassino nella veste del sostituto procuratore Carlo Morra ha chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio dei due giovani di Piumarola accusandoli di omicidio volontario aggravato dai futili motivi. Dinnanzi alla corte d’assise, presieduta dal giudice Annamaria De Santis, sono sfilati tutti i testimoni delle parti, circa 50, ma il momento più importante e che certamente ha lasciato il segno, è stato il faccia a faccia tra l’imputato Mattia e il suo accusatore Porcelli. L’accusatore, più contratto, fermo sulle sue posizioni di accusa senza però fornire ulteriori dettagli e l’imputato, più sciolto, a controbattere e a ricordargli che a causa di quel suo gesto stava rischiando l’ergastolo. Intanto sono stati ricostruiti tutti i passaggi e le versioni sono coincise solo su un aspetto, quello legato alla droga e alla catena dello spaccio di hashish. Alla fine dell’istruttoria la pubblica accusa ha chiesto per i due imputati il carcere vita. Gli avvocati di parte civile Gianrico Ranaldi ha sostenuto la tesi del pm rimarcando la poca credibilità degli alibi degli imputati; l’altro avvocato Giuseppe Di Mascio invece ha sostenuto la colpevolezza dello stesso Porcelli. Sono poi iniziate le arringhe difensive e, per primo, è stata la volta di Marco Paliotta avvocatori Mastrangeli. In 3 ore mezza ha contestato le accuse del magistrato, sottolineando le contraddizioni in cui, più volte, il super teste era caduto e quindi la sua inattendibilità. Questa mattina è l volta dell’avvocato Barlolomucci per Gregorio Mattia. Poi, giovedì prossimo, le contro deduzioni e la camera di consiglio per la sentenza.

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