Dopo ben otto anni si è conclusa ieri a Cassino (Fr) una lunga vicxenda giudiziaria che vedeva il nonno di una 12enne accusato di violenza sessuale e atti di libidine nei confronti della nipotina. Nella realtà dei fatti l’anziano era il secondo compagno della nonna della piccola ed entrambi avevano l’affidamento della stessa. La coppia milanese trascorse l’estate del 2002 in vacanza a Vallerotonda (Fr) paesino montano di cui era originaria la donna. La turpe vicnda, secondo l’accusa, sarebbe iniziata proprio in quella casa delle vacanze dove l’anziano, minacciando la nipote M. V., che qualora avesse opposto resistenza avrebbe fatto del male ai suoi genitori, la costringeva a subire atti sessuali, togliendole i vestiti e poi toccandola e baciandola sui genitali. Questa ovvviamente la versione dell’accusa emersa da un raccomnto delle piccola ad un assistente sociale di Milano. Il procedimento penale iniziao in Lombardia si è ben presto trasferito al tribunale di Cassino dove, a conclusione delle indagini, la procura ha sostenuto la richiesta del rinvio a giudizio. Un processo che l’uomo
Vittorio P., ha affrontato difeso dall’avvocato Marco Paliotta.
Nel giugno del 2003 era già stato compiuto un incidente probatorio, ritenuto sufficiente dalla Procura della Repubblica di Cassino a sostenere le accuse di violenza sessuale ed atti di libidine.
Quindi l’udienza preliminare ed il rinvio a giudizio.
Il dibattimento è durato circa 6 anni.
E’ poi seguito un lungo iter processuale durante il quale sono sfilati dinanzi ai Giudici numerosi testi (i genitori della minore, assistenti sociali) una suora dell’Istituto dove la ragazza era stata ricoverata dopo essere stata allontanata dalla madre (perché tossicodipendente) non potendola accudire nemmeno il padre (perché detenuto per gravi reati del Nord Italia).
Infine, nello scorso mese di settembre 2009, la difesa dell’imputato ha insistito perché fosse nuovamente ascoltata la ragazza, nel frattempo divenuta maggiorenne e madre di una bambina.
Quindi l’udienza odierna per la discussione.
L’avvocato Paliotta ha sostenuto l’infondatezza della linea accusatoria sulla base sia di una consulenza psicologica che della contraddittorietà delle dichiarazioni della ragazza.
La difesa dell’imputato ha poggiato la propria linea difensiva su due pilastri principali:
– che il fatto non sussisteva e che vi erano gravi discordanze, lacune ed incongruenze nelle dichiarazioni rese dalla ragazza nel 2003 e nel 2009.
In particolare sia sui fatti principali (descrizione dei presunti abusi) che su quelli secondari (circostanze di tempo e di luogo).
Non solo; ha altresì posto l’accento su alcuni fatti emersi dalle testimonianze della ragazza, sia nell’incidente probatorio del 2003 che in dibattimento nel 2009, vale a dire:
1) la mancanza di spontaneità delle dichiarazioni;
2) l’uso di una terminologia estremamente appropriata rispetto al proprio stadio evolutivo;
3) l’incoerenza delle dichiarazioni nel tempo;
4) la conoscenza non usuale (rispetto allo stadio evolutivo) del sesso, degli atti sessuali o dell’anatomia delle parti intime;
5) la credenza, da parte della ragazza, che le sue dichiarazioni potessero essere seguite da una punizione per l’imputato.
Il P.M. Dr.ssa Siravo aveva richiesto la condanna a 5 anni e 6 mesi di reclusione.
Il Tribunale, dopo una lunga Camera di consiglio, ha assolto l’imputato con la formula “il fatto non sussiste”.