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Regionali 2010/ Anna Maria Tedeschi (IdV) interviene sul ‘decreto salva liste’

Platone – Berlusconi: due pensieri a confronto!

Il fascino perverso del potere porta troppo spesso gli individui a rivestire certi ruoli per sentirsi al di sopra di tutto, onnipotenti, capaci di tutto e di più. Quel di più che le persone normali non possono permettersi perché devono misurarsi ogni giorno con i problemi del quotidiano: gli orari, il traffico, le bollette del gas che in inverno fanno saltare il bilancio familiare e… tanto altro.  Coloro che hanno posizione di potere si sentono in diritto di non rispettare gli orari, di saltare il traffico magari con l’auto blu in corsia di emergenza e lampeggiante acceso, di non badare a spese perché tanto i lauti introiti, sommati ai tanti benefici, fanno perdere la percezione del costo della vita.

Ma in Italia, in questi ultimi anni, avere potere significa soprattutto cambiare le regole mentre si sta giocando: così in una partita di calcio di serie A l’arbitro potrebbe decidere, mentre la partita è in corso, che il tiro sulla traversa vale come un gol in rete o che il calcio d’angolo diventa calcio di rigore! Spesso i bambini sono portati ad assumere questo comportamento perché non sanno perdere, non sanno riconoscere l’altro, non sanno rispettare le regole; un atteggiamento infantile comprensibile quando viene adottato da chi non ha la maturità tale per avere una piena consapevolezza di sé, degli altri e del contesto nel quale è inserito.

Anche nelle giovani democrazie è frequente riscontrare atteggiamenti “infantili”: quando il processo di democratizzazione del paese viene più imposto che conquistato, quando il popolo non ha maturato una coscienza sociale propria che lo faccia sentire unito e solidale nel perseguimento del bene comune, quando gli elementi di disgregazione sociale sono più forti di quelli di coesione, allora, in questi casi le regole fissate vengono cambiate in corso d’opera!

Ma gli stessi effetti li possiamo riscontrare nelle democrazie malate: dove la corruzione dilaga,  dove l’interesse privato è anche l’interesse primario di chi ricopre cariche istituzionali, dove i diritti delle fasce deboli della popolazione vengono percepiti come un peso di cui si vorrebbe fare a meno, in questi casi le regole fissate vengono cambiate in corso d’opera!

In queste democrazie giovani o malate il cambiamento delle regole in corso d’opera ha lo scopo di tutelare la posizione di potere del potente del momento. Ma la storia insegna che in questi casi il crescente malcontento può generare crisi pericolose la cui gestione richiede o un intervento esterno o il riconoscimento di una nuova forza politica che abbia il carisma necessario per convogliare il consenso del popolo.

La democrazia italiana in questi ultimi anni sta attraversando un periodo di crisi d’identità: il popolo italiano chi è? Siamo una nuova società per azioni in cui il profitto, nemmeno lo sviluppo, è l’obiettivo prioritario o siamo ancora quel popolo che crede e si riconosce nei diritti e doveri della Carta costituzionale?

Sicuramente un’indagine demoscopica potrebbe darci una risposta, ma una cosa è rispondere dando una lettura della situazione attuale, altra cosa è rispondere a quello che secondo gli italiani dovrebbe essere l’essenza dello Stato e della Democrazia! Sono convinta che il popolo italiano, fatto da gente che ha saputo ricostruire intere città distrutte dalla guerra, come la città martire di Cassino, fatto da gente come Giuseppe Di Vittorio che ha saputo dare voce ai diritti dei lavoratori, fatto da tanti onesti ed anonimi lavoratori che lavorano e pagano le tasse, sono convinta che il popolo italiano crede nel rispetto delle regole della democrazia perché la nostra coscienza civile è forte e ben radicata. Tuttavia il potere mediatico, unito al potere che deriva da talune cariche istituzionali possono stravolgere la giusta percezione di cosa significhi rispetto delle regole in democrazia. Si tratta di un’abile operazione di marketing politico: il bravo manipolatore della comunicazione riesce a fare in modo che l’interlocutore percepisca quello che si vuole far percepire. Il controllo dei canali mediatici è fondamentale in quest’operazione di marketing e tutti coloro che non hanno il tempo di approfondire o di riflettere ritengono siano veritieri i messaggi opportunamente manipolati costruiti ad arte per avere il controllo delle emozioni della maggioranza della popolazione. Il controllo del sentire comune e quindi delle emozioni del popolo è lo strumento di marketing con il quale il soggetto politico si auto legittima e quindi conserva la posizione di potere. Ma fino a quando? Fino a quando la strategia di marketing politico può reggere in un Paese con enormi problemi strutturali per i quali il governo centrale non dà risposte perché la politica del contingente, dell’oggi per l’oggi non ha prospettive e quindi non dà futuro all’intero Paese? Il tempo ormai stringe, lo sa bene chi fa marketing: la variabile tempo non può essere ignorata e per dirla con un famoso detto popolare: il tempo è galantuomo! Il tempo degli inganni e degli inciuci, degli opportunismi e del malaffare sta per scadere! Le strategie mediatiche orchestrate ad arte dai politicanti stanno per essere affossate dalla realtà che impietosa non si lascia manipolare!

In questo Paese i decreti leggi sono diventati la bacchetta magica: un colpo qua, un colpo là e tutto immediatamente si incanala verso il volere di colui che tutto muove, o crede di muovere! Certo non rimuove la fedeltà alla Costituzione di noi Italiani che pur non avendo mai giurato su di essa, la portiamo nel cuore perché siamo nati con il seme della democrazia e cresciuti con la consapevolezza dei diritti costituzionali. La penosa vicenda dell’esclusione di alcune liste elettorali dalle prossime elezioni regionali è l’apice di una sistema governativo che ormai non può più trovare legittimazione presso i cittadini. Il ministro Maroni dice che “Il governo si è limitato a dire qual è l’interpretazione corretta da dare alle norme vigenti. Noi riteniamo che alcune di queste norme siano state applicate in modo non corretto”.  Il governo ha voluto dire al TAR cosa dovrà fare e come dovrà comportarsi, quindi il TAR non dovrebbe più avere autonomia del giudizio perché dovrebbe attenersi all’interpretazione data dal governo. Viene da chiedersi: quindi il TAR cosa ci sta a fare se deve limitarsi ad eseguire gli ordini del governo? Privare dell’indipendenza del giudizio il Tribunale Amministrativo Regionale  è cosa gravissima e pericolosa perché lede il principio di separazione dei poteri che è uno dei principi fondamentali dello stato di diritto. Già Platone ne La Repubblica parlò di indipendenza del giudice dal potere politico, ma probabilmente il ministro Maroni ed il Presidente del Consiglio ritengono antiquato e degno di rivisitazione il pensiero platonico, dopotutto sono passati ben 2.400 anni da quando questo vetusto principio fu enunciato! Ironia a parte, ritengo urgente che le manie di onnipotenza del nostro primo ministro vengano opportunamente ridimensionate con il voto delle prossime elezioni regionali. E’ ora di dare un segnale che l’Italia, un Paese democratico e civile, non può più tollerare il continuo affossamento dei diritti costituzionali. Invito pertanto tutti, tutti coloro che credono ancora nello stato di diritto ad esprimere con il loro voto alle prossime elezioni regionali il loro dissenso alle azioni di questo governo. La democrazia di questo Paese non può continuare ad essere gestita da chi non ha il minimo rispetto per le regole del vivere civile: l’alternativa di governo è urgente, costruiamola insieme!

Dott.ssa Anna Maria Tedeschi – Italia dei Valori

Candidata alle Elezioni Regionali del Lazio

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