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Frosinone: 1 Maggio, festa del lavoro che non c’è.

600 aziende in cassaintegrazione, ritardi nell’erogazione degli stipendi, aziende prestigiose sull’orlo del fallimento. Altro che festa del primo Maggio per i lavoratori quello di quest’anno è un giorno di lutto. Muoiono le aziende, spariscono centinaia di posti di lavoro, la produzione scompare ed il futuro di questa provincia si preannuncia sempre più carico di nuvole. I dati sono allarmanti, i tribunali trasbordano di cause di lavoro, L’Inps di Frosinone arranca nell’erogazione della cassa integrazione perché attinge dai fondi regionali che sono pochi rispetto all’emergenza territoriale. Gli operai assediano le entrate per sollecitare i pagamenti succede a Frosinone e Cassino. Ci sono più di 3 mila persone di età compresa tra i 40 ed i 50 anni che rischiano di perdere il lavoro. Hanno raggiunto una professionalità di tutto rispetto ma diventa difficile ricollocarli.
Non solo la Videocon, ma c’è anche la Biomedica Foscama di Ferentino. 180 persone, 100 informatori scientifici del farmaco ed 80 addetti tra specialisti nelle vendite, addetti alla produzione. Eppure il settore chimico è quello che innalzava il livello della provincia a livello produttivo con commesse all’estero. L’emergenza occupazione in provincia di Frosinone è una piaga sociale senza precedenti. Le ricadute economiche sul territorio sono evidenti. Si acquista il giusto necessario per mandare avanti la famiglia. IL denaro non circola e le attività commerciali ne risentono. Al sistema di fabbrica non c’è alternativa. La provincia d Frosinone non ha sbocchi immediati nel turismo o in altre attività che possano portare reddito.
Il lavoro nero si afferma con prepotenza tra il consenso di uomini e donne che pur di racimolare qualcosa rischiano anche la propria vita e trascurano dettagli importanti come i contributi che un giorno diventeranno pensione. Usciti dalle scuole i ragazzi non trovano sbocchi professionali, i privilegiati scelgono facoltà universitarie i meno fortunati si rimboccano le maniche alla ricerca di un contratto. Le uniche risposte sono i call center con contratti a tempo determinato, lavori mal retribuiti e senza garanzie, 12 ore in piedi per trenta euro ad esempio. Non si tratta di gavetta ma di sfruttamento senza sbocco e garanzie professionali. Quelli che al 1 maggio 2010 il lavoro ce l’hanno, e potrebbero festeggiare, forse esitano dal momento che gli stipendi non sono rapportati al costo reale della vita e 1000 euro al mese non bastano. Per non parlare delle pensioni sono basse in sofferenza anche la categoria degli ex lavoratori. I motivi per scendere in piazza sono molti pochi quelli per festeggiare.

Tamara Graziani

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