Acqua privatizzata, altre città europee hanno già fatto passi indietro
28 Giugno 2010Di fronte ad una precisa e persistente volontà legislativa che vuole l’affidamento ai privati della gestione del servizio idrico, l’unica via utilmente percorribile è quella del referendum abrogativo della legge che prevede la privatizzazione.
E’ indubbiamente vero che la gestione pubblica del servizio idrico ha fatto, è proprio il caso di dirlo, acqua da tutte le parti, ma almeno ad un cattivo servizio corrispondevano tariffe più basse mentre oggi il servizio è scarso lo stesso e le tariffe sono aumentate.
Il perché è facile intuirlo: tra le voci previste dall’art. 154 del d.lvo 152/2006 che vanno a comporre la tariffa idrica gestita dal privato ci sono una parte dei costi di funzionamento della c.d. autorità d’ambito che gestisce le risorse idriche dei vari ATO (Ambiti Territoriali Ottimali) nonché una “adeguata†remunerazione del capitale investito dal privato cioè il lucro della società che gestisce il servizio, voci di costo che con la gestione pubblica non avevano alcuna ragion d’essere.
La privatizzazione della gestione del servizio idrico è stata poi fatta passare come un’ indicazione proveniente dall’ Unione Europea diventata l’alibi perfetto per giustificare operazioni poco chiare e dannose per i cittadini, mentre le cui indicazioni vengono puntualmente e reiteratamente disattese quando evidentemente sono scomode agli interessi di chi comanda.
Nessuno però ha rilevato che l’Italia si pone in chiara controtendenza rispetto agli altri paesi europei nei quali ci fu la corsa alle privatizzazioni del servizio idrico negli anni 90 e che successivamente, dopo aver constatato l’inefficienza e gli svantaggi economici del servizio idrico gestito dai privati, hanno fatto marcia indietro ritornando alla gestione pubblica come nei casi di Parigi, Grenoble, Tolosa, Bordeaux, Lione, Lille in Francia, o come nel caso del contenzioso in Gran Bretagna con la società Thames Water.
Senza contare poi che alcuni paesi europei come Spagna, Olanda, Belgio, Svezia, strano a dirsi, non hanno mai sentito l’esigenza di privatizzare la gestione del servizio idrico.
Nessuno poi spiega, né il legislatore che se ne guarda bene dal farlo né la giurisprudenza sia costituzionale che ordinaria sempre così attenta a bacchettare le improvvide uscite del legislatore, perché improvvisamente l’acqua sia divenuta un bene a rilevanza economica, a vantaggio di pochi ed in danno di molti, e perché nessuno ne parli in termini di bene essenziale e patrimonio di tutti e perché il legislatore releghi all’ultimo posto nella gerarchia degli interessi tutelati dalla normativa che privatizza il servizio idrico, il diritto di tutti di accedere ad un bene fondamentale come l’acqua mettendo, invece, ai primi posti della classifica la tutela della concorrenza, della libertà di stabilimento, la libertà di prestazione di servizio e quant’altro riguardi interessi solo ed esclusivamente economici e di lucro.
E meno male che il tanto vituperato legislatore fascista del 1942 ha previsto all’art. 822 del Codice Civile che l’acqua e gli acquedotti siano beni demaniali, quindi non vendibili in quanto beni a servizio di tutti: speriamo che nessuno si accorga mai che l’aria non rientra tra i beni tutelati da quella norma perché, altrimenti, chissà !!!!!!!!!!!!
Paolo Andrea Taviano
Magistrato