Sin dai primi minuti dopo la morte dell’avvocato Pallini, le indagini di carabinieri si sono concentrate sulle descrizioni fatte dai testimoni dell’assassino. Un uomo dal sangue freddissimo se si considerano le modalità di quella che sembra una vera esecuzione: senza preoccuparsi di nascondere il volto, con fermezza ma anche cortesia ha chiesto ai clienti in attesa di poter entrare solo un minuti per “dire una parola all’avvocato”. Quelle parole erano in realtà colpi mortali di pistola: quattro ne sarebbero stati ascoltati dai testimoni, tre i bossoli rimasti sul pavimento come i due fori mortali sul corpo di Pallini. Due lo avrebbero raggiunto sul lato sinistro del torace, uno all’altezza della gola. Poi è fuggito lasciando ai clienti in attesa, la possibilità di scoprire dietro la porta dello studio del’avvocato, la tragedia consumata. Andando via per le scale, quell’assassino è stato anche capace di sbeffeggiare la situazione drammatica; ad una donna che saliva le scale per raggingere il legale ha detto: “Signora, è inutile che sale; c’è tanta gente a fare la fila”. Poi, di lui, non si è saputo più nulla. Le descrizioni fatte dai testimoni, alcune in maniera confusa, hanno innescato subito le ricerche al momento infruttuose. L’ufficio di Pallini è in un angolo della città che riserva molti punti di fuga. Innanzitutto la vicina stazione. Per assurso, se l’assassino fosse un forestiero, potrebbe essere arrivato in città su un treno ed essere ripartito subito dopo aver commesso l’omicidio. Vicina è ache l’imbocco della superstrada Cassino Sora e Cassino Formia, ma anche la Casilina Sud. L’uomo, quindi, per allontanarsi aveva solo l’imbarazzo della scelta. Si spulcia ovviamente anche sull’agenda dell’avvocato ucciso alla ricerca di una causa, un processo che potesse dare elementi all’indagine ma, al momento, la morte dell’avvocato Massimo Pallini è avvolta nel mistero.
Ermanno Amedei