Il nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Chieti questa mattina ha dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare in carcere e domiciliare emessa dal Gip di Lanciano, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti rispettivamente di P.V. di 45 anni e C.C. di 47 anni, indagati per l’ipotesi di reato di cui agli artt. 2 e 8 del d.lgs n. 74/2000.
I provvedimenti sono stati emessi a conclusione di complesse indagini di p.g., avviate da oltre un anno a seguito di mirati approfondimenti investigativi ai fini antiriciclaggio operati su sospette operazioni finanziarie riconducibili ad uno degli arrestati.
L’esito degli accertamenti e le indagini hanno formato oggetto di dettagliata informativa inviata all’ a.g. procedente consentendo a quest’ultima di chiedere i provvedimenti nei confronti degli indagati, noti imprenditori della Val di Sangro operanti nel settore immobiliare.
La meticolosa ed articolata attività investigativa eseguita con mirati controlli incrociati ed accurata e laboriosa analisi di documenti bancari ha portato alla luce un giro di false fatture il cui importo complessivo ammonta a circa 2,5 milioni di euro.
Il sistema fraudolento scoperto dalle fiamme gialle consisteva nell’emissione di false fatturazioni da parte di società amministrate da prestanomi ma di fatto riconducibili ad uno stesso soggetto che operava con apposita delega su tutti i conti intestati alle imprese di fatto da lui gestite.
Di contro il soggetto utilizzatore provvedeva ad annotare regolarmente le fatture false in contabilità , ad utilizzare le stesse in sede di dichiarazione annuale ed a pagare le fittizie prestazioni attraverso i conti correnti intestati alla società .
Le somme ricevute in pagamento, dopo essere state versate sui conti della società emittente, sarebbero state restituite in parte ai soggetti utilizzatori attraverso l’emissione di assegni nei confronti di altre società sempre riconducibili al p.v. e negoziati dallo stesso per cassa allo sportello bancario;
In conclusione, il ricorso a tale sistema avrebbe consentito alla società utilizzatrice: l’abbattimento degli utili da sottoporre a tassazione e la costituzione di un indebito credito d’iva in sede di dichiarazione annuale d’imposta;
Ai titolari delle società (emittenti ed utilizzatrici), invece, l’acquisizione d’ingenti disponibilità finanziarie e bancarie, tali da permettere la costituzione di una provvista di fondi da sostituire e trasferire ad altri soggetti per l’acquisto “in nero†della merce;
l’accumulazione di consistenti proventi di natura illecita, sistematicamente riciclati, derivanti dal pagamento delle fatture false.