La storia dell’arte non registra nei suoi annali la presenza di quattro sorelle tutte modelle di artista e tutte celeberrime. Ne registra, pur se casi molto sporadici, tre ma mai quattro. E invece a Gallinaro, che abbiamo definito la Sionne, la Giverny dei modelli di artista, ne registriamo quattro, dal destino veramente sorprendente, tutte eternate nel bronzo o nel marmo o sulla tela di grandi artisti, per sempre dunque. Di una di esse, che abbiamo individuato come la baronessa di Gallinaro, la modella della Eva incompiuta, ‘la pantera’ di Rodin, abbiamo scritto qualche tempo addietro e sappiamo che moltissimi lettori hanno trovato gratificazione nel farne la conoscenza.
Una sorella fu Maria Pasqua nata nel 1856, la prima delle quattro, dagli occhi verdi e dai capelli biondi, un piccolo capolavoro della natura, stando alle raffigurazioni che ne hanno fatto gli artisti. All’età di sei anni, verso il 1861, il padre Domenico la conduce a Roma assieme alla moglie e agli altri figli a ballare per le strade o a mendicare o a posare per gli artisti stranieri che erano presenti in grande quantità . Non solo il suo abito ciociaro ma il volto di Maria Pasqua era particolarmente ammirato dai pittori. Tanto che ad un certo punto il padre decise di lasciare moglie e figli e di andare a Parigi con la bimba che all’epoca non aveva ancora sette anni, in cerca di miglior fortuna. Dopo un viaggio a piedi durato tre mesi, Domenico una volta a Parigi iniziò a presentare Maria Pasqua agli artisti di Montmartre e di Montparnasse sempre avidi di nuovi soggetti. E l’intraprendente Domenico non si sbagliò: i pittori ma anche gli scultori facevano a gara per ritrarre la miracolosa bambina nel suo costume ciociaro che nei quadri risulta ancora più bello a guardarsi. Domenico cominciò a vedere e a gustare il sapore dei soldi: eccellente impresario. Abbandonò gli abiti ciociari e indossò quelli civili. Un giorno, dopo circa tre anni di una esistenza all’insegna dell’arte ma anche della più grande precarietà e degrado, Domenico fu avvicinato da qualcuno che lo invitò ad andare dalla sua padrona. E così fu: si trattava di una nobildonna inglese, la marchesa di Noailles, la quale in una esposizione parigina aveva notato il volto della bimba presente in numerosi quadri e se ne invaghì. Fece raccogliere tutte le informazioni del caso e quindi convocò il padre. Al secondo incontro Domenico intascò due sacchetti di monete d’oro e vendette Maria Pasqua alla marchesa di Noailles, come si vende un coniglio o un agnello. Maria Pasqua non aveva ancora dieci anni. Alcuni dei grandi artisti dell’epoca la avevano ritratta: Hébert, Bonnat, De Curzon, Henner, Jalabert e altri. Maria Pasqua passò dunque dalla più grande miseria alla grande ricchezza, come nelle favole. Crebbe nel lusso e nella cultura e nell’arte in un ambiente cosmopolita e raggiunta la età giusta, la marchesa, non con molto piacere, la fece sposare ad un ricco possidente inglese tenendola delicatamente sotto controllo e guida per tutta la vita! L’aspetto incredibile e difficilmente comprensibile è che Maria Pasqua, pur se ormai negli agi e nel benessere e pur se nel frattempo diventata madre due-tre volte, durante tutta la sua esistenza -morì nel 1939- non solo non dimenticò mai la sua esperienza di modella ma altresì mai dimenticò suo padre Domenico: trascorse la sua vita nella solitudine felice di una di quelle fattorie inglesi tipiche perse nel verde della natura, mai però abbandonata dalla nostalgia e dal ricordo della sua esperienza di modella a Parigi e della sua esistenza a Gallinaro. Il risultato fu che una figlia e successivamente una nipote misero assieme tutti questi ricordi e racconti ascoltati nel corso degli anni e nel 1976 diedero alle stampe un piccolo libro intitolato appunto ‘Maria Pasqua’ ove con delicatezza e amore e anche con una forte dose di romanticismo tipicamente inglese che, sia detto, non guasta in siffatti contesti, ci ricostruisce la esistenza della affascinante piccola modella di Gallinaro. Ma non ne riescono ad individuare il luogo dove aveva trascorso la sua infanzia prima di emigrare a Parigi in quanto Maria Pasqua si ricordava di Sora, di Velletri (dove era nata), di Roma, di Parigi naturalmente ma non rammentava il nome di quel paesino appollaiato su una collina dove era vissuta fino ai suoi sei anni e che lei, come risulta dal libro, comunque ricordava e descriveva alla perfezione ai suoi figli, da cui a 360° si vedevano gli oliveti degradanti, le montagne ammantate di neve e due fiumi che scorrevano nella valle e si udiva lontano il suono melanconico della zampogna! E quindi cercano di collocarlo a Scanno, a Sulmona, nella Marsica…
Maria Pasqua fu la primogenita delle quattro sorelle, poi venne Maria, la baronessa, nata nel 1864. Le altre due sorelle furono Anna nata a Parigi nel 1873 e Adele nata a Gallinaro nel 1876. Furono entrambe le modelle predilette di Auguste Rodin, il più grande scultore del Novecento europeo. Adele aveva i capelli di fuoco, mentre Anna era una bruna bellissima, entrambe dal corpo, come quello di Maria, turgido, sfolgorante, rigoglioso. Sono le opere per le quali hanno posato che lo documentano. Le due sorelle, per quanto si conosce, lavorarono quasi esclusivamente nell’atelier di Rodin. Adele ha posato per delle opere uniche e, mi si permetta il termine comunemente accettato, eccezionali sia nell’ambito della produzione artistica di Rodin e sia in assoluto. Infatti il corpo di Adele -o, per alcune opere, quello di Anna non si capisce bene- così flessuoso e morbido ma allo stesso tempo così svettante e scattante, riuscì a risvegliare nel grande artista emozioni e sensazioni e soprattutto stimoli tali che vennero create delle opere così originali e rivoluzionarie nelle posizioni e negli atteggiamenti che non esiste parola per descriverle, bisogna osservarle: La donna accoccolata (la femme accroupie, in francese), la cariatide che porta la pietra, Iris la messaggera degli dei, il Torso d’Adele, la toletta di Venere e altro ancora. Soprattutto Anna, che ebbe una vicenda esistenziale particolare, nutrì e conservò per il grande artista una devozione e una considerazione tali che ebbe con lui una corrispondenza quasi settimanale e incontri altrettanto frequenti per quasi trentanni, fino alla scomparsa del Maestro. Tale era la considerazione e l’ammirazione dell’artista per queste sue due modelle che ne eternò non solo il corpo nel marmo e nel bronzo e il loro ricordo nelle sue memorie ma altresì il nome in quanto a un’opera, che è fondamentale nell’arte dell’Ottocento, diede il titolo di ‘Torso d’Adele’ e ad altre due il nome di ‘Abbruzzezzi seduta’ e ‘Abbruzzezzi distesa’ (così ne scriveva il cognome il grande artista) alludendo ad Anna. Tra le sue centinaia e oltre di modelle e modelli, è stato solamente alle due modelle ciociare di Gallinaro che l’artista ha conferito il privilegio del titolo di un’opera col loro nome! Nel libro ‘MODELLE E MODELLI CIOCIARI nell’arte europea a Roma, Parigi e Londra nel 1800-1900†si fa chiarezza sull’argomento e si trovano numerose altre informazioni e osservazioni sulle quattro sorelle Abbruzzesi di Gallinaro, per la prima volta individuate e restituite alla Storia.
di Michele Santulli