La procura di Ascoli iscrive nel registro degli indagati Salvatore Parolisi ipotizzandolo assassino della moglie Melania Rea. Troppe bugie e tante incongruenze nella ricostruzione delle ultime ore di vita della donna. Eppure c’è chi, contrariamnete agli investigatori, sostiene una tesi diversa e, per qcerti versi, più inquietante. Il Professor Antonino Silvestri, Criminologo clinico dell’università Kore di Enna, da quando sta studiando il caso, sostiene che Melania sia rimasta vittima di un assassino seriale. Anche oggi, quando l’indagine sembra essere ad una svolta, il criminologo conferma la sua tesi e a www.ilpuntoamezzogiorno.it scrive quanto segue:
“Ciò che ritengo importante sono le risposte che le persone si attendono e il movente che ha spinto l’assassino a passare all’azione delittuosa criminale”. Per questo passa alla descrizione della probabile personalità dell’offender. “L’omicidio di Melania Rea e le modalità del modus operandi possono essere riconducibili all’omicidio per ” vendetta simbolica”.
L’offender uccide la sua vittima perchè vuole vendicarsi, in quanto ritiene di avere subito un grave torto e lo ingigantisce fino a farlo diventare insostenibile in modo del tutto irrazionale.
Colpisce così soggetti i quali non gli hanno arrecato alcun male, ma ai suoi occhi essi rappresentano un’autorità che egli intende punire per un comportamento ritenuto scorretto nei suoi confronti.
Il “nucleo centrale” della personalità di questo soggetto è caratterizzato da una incapacità di tollerare le frustazioni e le sconfitte, con delle spiccate reazioni paranoiche.
A differenza dell’omicidio seriale provocato da un conflitto, il rapporto con la vittima è inesistente ed esse rappresentano il capro espiatorio sul quale si indirizza la RABBIA E L’AGGRESSIVITA’ . L’azione omicidaria ricompone temporaneamente il sistema del soggetto, fino a quando altre reazioni negative non ne comprometteranno nuovamente l’esistenza. Caratteristiche, queste, riscontrate nel delitto della giovane Melania Rea. Si veda il numero eccessivo di coltellate inflitte (trenta/trentacinque).
Il più delle volte questi individui sono cresciuti da una madre tirannica e dominante che ha avuto l’effetto di castrare la mascolinità del figlio. Per L’azione omicidaria ricompone temporaneamente il sistema del soggetto, fino a quando altre relazioni negative non comprometteranno nuovamente l’esistenza
Tanto emerge nella lettura della “scena criminis” per quel che attiene all’individuazione della personalità del soggetto che da uno stato pericoloso interiore è passato all’azione criminale , fase denominata criminodinamica del passaggio all’atto”.
Prof. Antonino Silvestri