“Storia della mia gente” è il libro che si è aggiudicato quest’anno il 65°Premio Strega. Un libro dedicato a tutte le persone che hanno perso il lavoro. Il libro “Canale Mussolini†che ha vinto l’anno scorso, invece, parla di una famiglia contadina sradicata dalla terra d’origine per bonificare l’agro pontino durante il fascismo. Molti morivano di malaria, ma cosa li spingeva a scendere al sud per fare un lavoro così duro? E’ lo stesso scrittore sessantenne che risponde senza mezzi termini: la fame! Ci auguriamo che tra i nostri giovani possa nascere uno scrittore che sappia descrivere con pacatezza e lucidità la nostra storia e le nostre origini ma nel frattempo, noi, quarant’anni suonati, la raccontiamo in maniera plastica con il nostro festival della zampogna. Ecco, in ogni caso, si vince con la verità , con la forza e la dignità di un popolo, quella di non rinnegare le proprie origini anche se parlano di vissuto difficile. Sarà per questo e chissà qual altri motivi insiti nel nostro substrato culturale che noi tutti, per anni, abbiamo voluto dimenticare ciò che rappresentava il mondo dei nostri avi, quasi per cancellare tempi ed origini pieni di difficoltà ; oggi, però, sentiamo che è giunto un momento diverso della nostra storia personale e collettiva, assistiamo così, con piacere, ad un rinascere delle rivendicazioni di appartenenza; sentiamo tutti che le nostre origini sono diventate l’unico riferimento stabile, l’unica certezza nell’incalzare dei cambiamenti e delle trasformazioni provenienti dalla “globalizzazioneâ€. In esse troviamo il vincolo con chi prima di noi, avendo in mente noi, ha lottato ed ha creduto e non ha rinunciato ad andare avanti nonostante tutto. Noi dell’area subappenninica centroale, area di confluenza di cultura di diverse regioni, coacervo ed esempio di stemperamento di fondamentalismi inutili abbiamo oggi più consapevolezza della nostra tradizione popolare frutto di semplicità e comunanza con particolare riguardo alle zampogne. La zampogna (gaida in spagnolo, piva in toscano), è lo strumento più semplice, geniale e naturale che esiste dopo il piffero, lo strumento delle civiltà pastorali, povero davvero, basti analizzare i materiali usati per costruirla: un otre di pelle di pecora e due canne una per insufflare aria e l’altra per farla uscire in forma modulata come suono. Chi vive all’aria aperta sa meglio di altri quanto quest’attività di suonare la svolga il vento con ogni elemento della natura. Un suono lungo e continuo che interrompe il silenzio troppo grande dell’universo, la voglia di farsi riconoscere e ricongiungersi alla grande famiglia umana. Siamo tutti strumenti della natura, strumenti che possono suonare musiche melodiose se vogliono, musiche da far felici chi ci sta intorno; ma per farlo bisogna prima di tutto accordarsi con gli altri, seguire le regole del ritmo e della melodia ed imparare a farlo con calma pazienza ed anni ed anni d’impegno. Acquafondata fiera della sua tradizione si è preparata ad un grande evento e sarà lieta di poter accogliere autorità , artisti, paesani e turisti con la sua veste migliore: la semplicità .