Da Giovanni D’Agata riceviamo e pubblichiamo:
Tempo di Avvento e atmosfera di Natale nell’aria. S’innalza il livello generale della solidarietà e ci si sente tutti un po’ più buoni. Ma non tutti però siamo animati dalle medesime buone intenzioni. Perché sotto il segno della carità e delle donazioni liberali spesso si nasconde un mondo di “furbacchioni†e di senza scrupoli che inevitabilmente ci devono portare ad aumentare i livelli d’attenzione verso le organizzazioni ed i soggetti che raccolgono fondi perché non sempre il denaro donato raggiunge i soggetti cui apparentemente doveva essere destinato.
Pur ritenendo indispensabile il lavoro quotidiano che svolgono migliaia di associazioni e persone oneste per la tutela dei più disparati diritti e per il sostegno di fasce sempre più importanti della cittadinanza, se non si tratta di una vera e propria jungla quella delle organizzazioni non profit ed enti benefici che si occupano della raccolta fondi, poco ci manca, ed è notevole la difficoltà per i consumatori ad individuare tra i soggetti che si occupano effettivamente di destinare le risorse raccolte per gli scopi dichiarati, salvo detrarre una minima quota necessaria per le spese organizzative, e quelle che invece nascono come funghi nei periodi clou dell’anno come quello prenatalizio e che vivono il tempo necessario per riempire le tasche di qualche malintenzionato o peggio ancora quelle che della raccolta fondi fanno la loro ragion d’essere quale fonte di reddito permanente.
Per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore†di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Dirittiâ€, è chiaro che la libertà di associazione garantita dalla nostra Costituzione deve contemperarsi con la necessità di trasparenza in un settore delicato come questo, dove chiunque può costituire un’associazione o un comitato senza registrarlo. Quindi, prima di effettuare una donazione è bene che ci s’informi in merito all’affidabilità dell’ente che la sta proponendo, se sia registrato o meno, che abbia un suo bilancio, che garantisca la tracciabilità delle donazioni rilasciando un’apposita ricevuta numerata.
In Germania, per esempio, maggiori garanzie in merito sono date dalla presenza o meno del sigillo dell’Istituto centrale tedesco per le questioni sociali. Forse è bene che si pensi di fare qualcosa di analogo anche in Italia?