Discriminazioni sul lavoro: vietato escludere lo straniero dal Servizio Civile Nazionale
24 Gennaio 2012Da Giovanni D’Agata riceviamo e pubblichiamo.
Discriminazioni sul lavoro: divieto di discriminare lo straniero escludendolo dal Servizio Civile Nazionale.
Lo ha stabilito il Tribunale di Milano, sez. lavoro, con l’ordinanza del 12.01.2012 che sottolinea il carattere discriminatorio della limitazione alla partecipazione al bando del 20 settembre 2011 per la selezione di volontari da impiegare in progetti di servizio riservata esclusivamente a cittadini italiani.
Secondo il giudice “ L’uso del termine cittadino previsto dall’art. 3 del D.Lgs. n. 77/2002 tra i requisiti necessari per l’accesso al Servizio Civile Nazionale, deve essere riferito non al soggetto munito di cittadinanza, ma al soggetto che appartiene in maniera stabile e regolare alla comunità e che in quanto tale può vedersi esteso anche a lui il dovere di difesa della Patria quale dovere di solidarietà politica, economica e sociale ex art. 2 della Cost.â€.
Nel caso di specie il ricorrente, un cittadino pakistano di 25 anni residente in Italia da ormai 15 anni, pur avendo presentato domanda per la partecipazione al bando chiedendo di essere ammesso al servizio civile presso l’ente Caritas Ambrosiana, riceveva la comunicazione di non poter essere inserito nella graduatoria ai fini della selezione in quanto privo della cittadinanza italiana. L’attore proponeva ricorso al Tribunale di Milano chiedendo di dichiarare il carattere discriminatorio dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 77/2002 nella parte in cui si richiede la cittadinanza italiana. Resisteva al ricorso la presidenza del Consiglio dell’ ufficio Nazionale per il servizio civile, replicando che il Servizio Civile Nazionale, prestato su base volontaria, è da porsi in posizione parallela con il servizio militare per cui la limitazione all’accesso ai soli cittadini italiani è giustificata dal fatto che entrambi sono finalizzati a garantire la difesa della Patria con o senza mezzi militari.
Mentre secondo il Tribunale la struttura dell’attuale Servizio Civile nazionale ha una struttura del tutto autonoma e priva di ogni collegamento sia con il servizio militare sia con il precedente servizio civile utilizzato per gli obiettori di coscienza che con la sospensione della leva obbligatoria avvenuta nel 2005, sono venuti meno i presupposti per il servizio civile sostitutivo prestato dagli obiettori di coscienza.
Infatti, si legge nella ordinanza, l’attuale Servizio Civile Nazionale viene istituito come servizio su base esclusivamente volontaria, rimanendo invece il servizio militare e quindi l’obiezione di coscienza fondati sull’obbligo di legge di cui all’art. 52, comma 2 della Costituzione.
Alla fine il giudice ha sentenziato che il dovere di difendere la Patria deve essere letto alla luce del principio di solidarietà come espresso dall’art. 2 della Cost. chiamando la persona ad agire non solo per l’imposizione di un’autorità , ma anche per libera e spontanea espressione della profonda socialità che caratterizza la persona stessa.
Quindi, il servizio civile si configura, secondo i giudici di merito, come forma spontanea di adempimento del dovere costituzionale di difesa della Patria. Quest’ultimo si collega al dovere fondamentale di solidarietà sociale al quale secondo l’art. 2 della Costituzione sono chiamati tutti coloro che vivono sul territorio nazionale avendo scelto liberamente di porvi la loro stabile residenza.
Da qui il carattere discriminatorio della limitazione richiamata e la conseguente decisione del Tribunale di sospendere le procedure di selezione, modificando il bando di concorso escludendo il requisito della cittadinanza e consentendo l’accesso agli stranieri che soggiornano regolarmente in Italia, fissando un nuovo termine per le domande.
Si tratta, tuttavia, commenta Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore†di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Dirittiâ€, di una “sentenza storica in materia di discriminazioni, la prima nel suo genere, relativa al principio della parità di trattamento fra cittadino italiano e straniero in materia di occupazione ed impiego, che ha reso più efficace il contrasto alle discriminazioni.