Da Giovanni D’Agata riceviamo e pubblichiamo:
Alcuni studi scientifici secondo cui migliaia di pazienti in Gran Bretagna potrebbero essere a rischio di essere intossicati dai metalli rilasciati dalle protesi all’anca, hanno determinato l’avvio di un’inchiesta da parte della MHRA (Medicine Regulatory Healthcare Agency), l’agenzia governativa britannica che ha il compito di garantire che i medicinali ed i dispositivi medici siano sicuri per la salute.
L’azione giunge dopo che sarebbero stati accertati i potenziali pericoli che riguarderebbero, in astratto ben 30.000 pazienti britannici.
La stessa MHRA ha però tenuto a stemperare l’allarme specificando comunque che per i pazienti sarebbero bassi i rischi di sviluppare seri problemi che si verificherebbero in conseguenza della perdita di minuscoli frammenti di metallo a causa dell’usura di tali protesi che potrebbero contaminare persino il sangue. Questi frammenti liberati nel corpo a causa dell’attrito delle varie componenti potrebbero anche causare una reazione dei tessuti molli, danneggiando le ossa e i muscoli.
Ma le crescenti preoccupazioni che gli impianti potrebbero anche causare «tossicità sistemica» nel corpo, hanno spinto MHRA ad avviare l’elaborazione di nuovi consigli per le protesi già applicate ribadendo che in virtù delle prove attualmente disponibili, la maggior parte dei pazienti che hanno subito gli impiantati con protesi dell’anca di metallo sarebbero a basso rischio di sviluppare problemi gravi.
La vicenda è venuta alla ribalta delle cronache già da tempo ma nel dicembre scorso un caso emblematico apparso sulla stampa ha rivelato come l’ex ginnasta Penny Brown avesse lanciato una battaglia legale contro la DePuy Orthopaedics dopo che una protesi che le era stata impiantata aveva iniziato a dare problemi.
L’operazione che aveva subito otto anni prima era stata considerata un successo ma a 51 anni, la Brown divenne una delle centinaia di pazienti coinvolte in una battaglia contro il produttore dopo che l’impianto aveva iniziato a danneggiarsi, liberando nel tessuto circostante frammenti di metallo. Mentre solo ora l’ex atleta starebbe recuperando dall’intervento chirurgico per la rimozione dell’impianto difettoso.
Nell’aprile del 2010, l’MHRA, ha emesso un primo avviso per gli addetti della sanità sulla sicurezza delle protesi di metallo ed ha ammesso di aver avviato un attento monitoraggio di tutte le prove a disposizione al fine di sottoporre ad ulteriori test ed analisi e per poter dispensare nuovi consigli e regole agli addetti del settore.
L’azione dell’agenzia d’oltre manica dipendente dal Ministero della Salute è giunta dopo che alcuni pazienti hanno avvertito sofferenza a causa delle reazioni dei tessuti molli conseguenti al rilascio dei detriti metallici associati all’usura delle protesi.
La MHRA ha immediatamente consigliato che le persone che avevano ricevuto gli impianti devono essere sottoposte a check-up annuale per cinque anni dopo l’intervento chirurgico.
Ha anche specificato che quelli che avvertivano dolore dovevano fare delle analisi per verificare i livelli di cobalto e cromo nel loro sangue e sottoporsi a RMN o ad ecografia a scansione per controllare le reazioni dei tessuti molli.
Nel settembre 2010, la DePuy International Limited, una sussidiaria della Johnson & Johnson, aveva annunciato che stava rivedendo due tipi di suoi impianti di protesi d’anca di metallo ASR.
La banca dati nazionale del Registro di Sistema congiunto di Inghilterra e Galles ha verificato ‘tassi d’insuccesso’ del 13% per il sistema ASR XL acetabolare e 12% per il sistema ASR Hip Resurfacing.
Tuttavia, un rapporto della British Society Hip sosterrebbe che i tassi dei guasti del sistema acetabolare potrebbero in realtà arrivare al 50%, sei anni dopo l’intervento chirurgico.
La MHRA ha quindi consigliato ai chirurghi ortopedici di contattare e monitorare tutti i pazienti dotati di impianti.
Basti pensare che più di 10.000 dei 40.000 cittadini britannici che hanno avuto impiantato le protesi di metallo dell’anca avevano ricevuto i dispositivi realizzati da DePuy.
Alla luce di questi dati Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, si chiede se anche il nostro Paese abbia già affrontato il problema giacché anche il mercato delle protesi risulta globalizzato, ricordando a tal proposito il recentissimo scandalo degli impianti mammari PIP diffusi su scala mondiale, ed a tal uopo rivolge un invito al Ministero della Salute affinché avvii tutte le iniziative opportune per monitorare la consistenza del fenomeno anche in Italia ed eventualmente prendere le misure idonee sulla falsariga di quanto sta facendo la MHRA in Gran Bretagna.
In ogni caso, lo “Sportello dei Diritti” è pronto a ricevere le segnalazioni dei pazienti che presentino problemi simili a quelli indicati e ad avviare tutte le azioni a tutela nelle sedi competenti.