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Montecassino, il faro della civiltà “spento” dalle barriere architettoniche. Il racconto di Felice

“Pensavo di vivere in un Paese civile, ma purtroppo mi accorgo sempre di più che così non è”. E’ l’amaro sfogo di Felice Pensabene, presidente dell’associazione “Nei giardini che nessuno sa” di Cassino ed anche apprezzato giornalista. Felice, da anni costretto alla sedia a rotelle da un grave infortunio, racconta la delusione di quella che sarebbe dovuta essere una bella giornata di studio con il figlio nell’abbazia di Montecassino. “Le difficoltà che le persone disabili, in Italia, debbono sopportare quotidianamente non hanno limiti e sono diventate una pessima consuetudine, nonostante il nostro Paese abbia la migliore legislazione a tutela di questa parte di cittadini. Le dichiarazioni dell’ex ministro dell’Economia, Tremonti, sull’ “argomento ‘disabili’, del resto, erano già abbastanza eloquenti su ciò che pensano alcuni personaggi sul mondo della disabilità. Che noi disabili dovessimo lottare tutti i giorni con le barriere architettoniche, la burocrazia e molto altro era ormai una realtà consolidata. L’episodio, però, che ho vissuto alcuni giorni fa ha davvero dell’incredibile, non tanto per la presenza delle onnipresenti barriere architettoniche, quanto per la mortificazione di un genitore di non poter visitare ed illustrare le bellezze di uno dei monumenti simbolo della cristianità, della cultura e della propria città: l’abbazia di Montecassino. Credo che l’umiliazione che ho dovuto subire sia più grave di qualsiasi barriera architettonica, una barriera sociale che mi ha impedito di vivere un momento fondamentale nella crescita culturale, ma soprattutto sociale, di mio figlio e la mia condizione di genitore, disabile sì, ma anche di cittadino. È inaudito che opere statali, come l’abbazia di Montecassino, faro di cultura e di cristianità sia totalmente inaccessibile alle persone che hanno difficoltà di deambulazione. La vicenda è semplice. Durante le vacanze di Natale, mio figlio che frequenta la seconda media, aveva necessità di effettuare una ricerca su alcuni componenti architettonici, archi, colonne, balaustre e mosaici, e mi ha chiesto di andare a vederli proprio nell’abbazia di San Benedetto. Siamo partiti io e lui per il nostro viaggio culturale, ma non pensavo di incontrare difficoltà così evidenti! Sul piazzale antistante l’abbazia ci siamo dovuti fermare all’area riservata del parcheggio, poiché era impossibile proseguire fino al cancello principale con l’auto, quello posto accanto alla grande porta sormontata dalla scritta “PAX”, per intenderci.
Impossibile andare oltre per la presenza di un dissuasore e di un percorso solo pedonale, oltretutto ripidissimo. Si comprende bene che con la sedia a rotelle è difficile arrivare alla sommità della strada, ma non basta poiché neppure l’accesso all’interno dell’abbazia è stato possibile. In primo luogo per la ripidità della rampa di accesso al portone d’ingresso e soprattutto per la presenza di scalini varcata la soglia del portone stesso, che rendono completamente inaccessibile alle sedie a rotelle, ma secondo me, anche ai passeggini e a chi abbia difficoltà pur minime di deambulazione la visita al sacro Monumento. Indignato ho chiesto ai parcheggiatori se vi fosse modo di poter entrare da altre parti. Assolutamente impossibile! Mi son sentito umiliato, mortificato di fronte ad un ragazzo di undici anni, mio figlio, ferito come genitore nell’impossibilità di vivere con lui un momento importante della sua formazione scolastica, ma soprattutto sociale. Mi chiedo se esista un turismo e una cultura per persone normali e per disabili, se un monumento della portata storica, culturale come l’abbazia di Montecassino possa avere, nonostante la legislazione esistente, ancora delle barriere architettoniche insuperabili che ne rendano impossibile l’accesso ai disabili. Un aspetto, che per non usare altri termini, grottesco, ma che accresce la mia indignazione è rappresentato dall’esistenza, nel parcheggio delle auto, fra i posti sono presenti due posti riservati ai disabili. A cosa possano servire se poi i disabili non possano accedere all’abbazia, è tutto da scoprire! Sono profondamente indignato, per quanto accaduto, ma soprattutto per l’amarezza mia e quella che ho letto negli occhi mio figlio. Resta la consolazione delle parole del mio ‘piccolo grande uomo’ e che mi hanno toccato profondamente: “Non preoccuparti, papà, è stato bello lo stesso venire fin quassù con te! Ci ritorneremo se vorrai, ma io non credo di essere più interessato a questo posto che non ti ha permesso di entrare”.
A volte – conclude Felice – i ragazzi hanno più sensibilità degli adulti”

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