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60 anni fa la tragedia di Cannavinelle

Sono passati 60 anni dal 25 marzo del 1952. Ma Mignano Monte Lungo quel giorno così lontano nel tempo non l’ha dimenticato. E non hanno dimenticato neanche i sopravvisuti ed i parenti di chi, quel lontano 25 marzo, morì.
Travolti da un’esplosione accidentale di antonite mentre lavoravano in una galleria sotto il colle di Cannavinelle per la realizzazione di un’opera idroelettrica della Società Meridionale Elettricità 42 operai persero la vita.
Questa mattina a Mignano Monte Lungo sono state apposte due lapidi alla memoria: una poco distante dal luogo della tragedia, l’altra in Municipio.
Dopo la celebrazione della messa, nella sala consiliare, il sindaco di Mignano Monte Lungo Antonio Verdone nel suo discorso ha detto: “Cari cittadini siamo qui oggi per celebrare solennemente il sessantesimo anniversario della tragedia di Cannavinelle. Era il 25 marzo di 60 anni fa quando 42 lavoratori perirono a seguito di una violenta esplosione nella gelleria in costruzione nel cuore di Monte Cesima tra Cannavinelle e Rocca Pipirozzi. Quella che tutti ricordano come la tragedia di Cannavinelle è stato il duro prezzo pagato per lo sviluppo ed il riscatto delle popolazioni del sud d’Italia. Il progetto dell’infrastruttura prevedeva la perforazione di Monte Lungo partendo contemporaneamente da due versanti del monte per la realizzazione di un imponente acquedotto in termini tecnici definiti galleria di derivazione dell’Enel. Nel disastro provocato dalla defraglazione di una riserva di materiale esplosivo, l’antonite, adoperato per l’avanzamento dei lavori di scavo, trovarono la morte ben 42 lavoratori. La tragedia ebbe una grandissima eco in tutta Italia e gettò nella disgrazia intere famiglie. Il cantiere venne aperto nell’ottobre del ’49 e alla data della tragedia era stato portato quasi completamente a termine, mancavano pochi mesi”.
Toccanti anche le testimonianze dei sopravvissuti presenti: “Noi con i due cantieri uno alla finestra di Mignano e l’altro a Venafro quindi Venafro trovò la montagna vuota e rimase indietro. Si dovette superare le due sponde e noi da Mignano andammo avanti fino a quasi sei chilometri. Questo comportò dei disagi e si dovette creare una polveriera in galleria se si voleva lavorare secondo il programma fatto e ad un certo punto poi quello che è successo qua nessuno lo sa”.
Foto Alberto Ceccon
(nota per le redazioni – Per informazioni sul servizio fotografico e altro foto guardare qui e qui)
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