Lavoro, licenziabile il lavoratore che fuma gli spinelli: la Cassazione sul caso di un impiegato di banca trovato in possesso di ingenti quantità di hashish
28 Aprile 2012Da Giovanni D’Agata riceviamo e pubblichiamo:
Giro di vite della Cassazione sull’uso di sostanze stupefacenti anche leggere da parte del lavoratore che rischia di essere licenziato. Secondo la Suprema Corte viene meno il vincolo fiduciario tra datore e dipendente che fuma gli spinelli. Ad evidenziarlo è Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore†di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Dirittiâ€, a seguito della lettura della sentenza numero 6498 del 26 aprile 2012 della Corte di Cassazione sezione lavoro, che ha accolto il ricorso di un noto istituto di credito presentato contro la decisione della Corte d’Appello di reintegra nel posto di lavoro di un impiegato trovato in possesso di ingenti quantità di hashish e marijuana.
In particolare, nel caso di specie, analizzando la posizioni del lavoratore la Cassazione, ha ritenuto di respingere le motivazioni di merito che aveva previsto la reintegra, secondo cui la maxi inchiesta nella quale era finito l’uomo era solo affar suo, dato, anche se non si trattava di detenzioni di droghe pesanti.
Peraltro, i giudici del Palazzaccio hanno applicato a questo caso i principi generali sul rapporto fiduciario che deve sussistere fra lavoratori e azienda. Nella sentenza si legge «per stabilire in concreto l’esistenza di una giusta causa di licenziamento, che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro, ed in particolare di quello fiduciario, occorre valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all’intensità dell’elemento intenzionale, dall’altro la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare».