Dopo che decine tra sindaci ed assessori sono scesi pubblicamente in piazza ed hanno dato il loro prezioso contributo alla battaglia sia per la chiusura di Green Hill e più in generale contro la vivisezione, dopo che molti di loro si sono espressi in maniera chiara contro questa che viene oramai definita come la “barbarie del XXI secolo”, ora è il momento di passare dalle parole ai fatti e gli enti locali a partire dai municipi in questo hanno poteri tutt’altro che trascurabili come ad esempio quello di introdurre dei criteri estremamente limitativi nei piani urbanistici in merito all’istallazione sul territorio di allevamenti o laboratori che possano essere in qualche modo riconducibili alla vivisezione o alla sperimentazione animale.
AIDAA ora chiede ai sindaci ed agli assessori e più in generale ai consigli comunali delle città italiane che maggiormente si dimostrate sensibili alla lotta alla vivisezione un gesto simbolico forte: la costituzione delle città anti vivisezione.
Per dichiarare una città antivivisezione (specie se vi sono insediamenti universitari dove la pratica della vivisezione animale è ancora colpevolmente parecchio diffusa) il consiglio comunale deve votare una delibera o un ordine del giorno in cui si impegna a dichiararsi città contro la vivisezione e per dimostrarlo pubblicamente la scritta “città antivivisezio-ne” deve apparire sotto i cartelli indicatori dell’inizio del territorio della medesima città o paese.
“Vogliamo fare una battaglia trasversale – ci dice Lorenzo Croce – sulla stessa lunghezza d’onda che portò qualche anno fa’ centinaia di paesi e città italiane ad essere denuclearizzate. E’ chiaramente un atto simbolico – continua il presidente di AIDAA- ma siccome l’86% degli italiani si è dichiarato contro la vivisezione mi pare ovvio che chi li rappresenta negli enti locali di primo livello, e vale a dire i comuni, dopo aver dato pubbliche dichiarazioni a sostegno della battaglia antivivisezione ora si impegnino con atti ufficiali per dichiarare pubblicamente che le città ed i paesi italiani sono contrari alla vivisezione e che non permetteranno attraverso gli strumenti urbanistici e regolamentari dei singoli comuni che sul loro territorio si insedino o continuino a esercitare la loro attività di morte strutture pubbliche o private dove si attua la vivisezione o la sperimentazione animale”.