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L’Europa spalle al muro, o dentro o (meglio) fuori. Germania e Francia soli nella nuova Ue

di Max Latempa
L’Euro finirà il 31 maggio prossimo. Per questa data è infatti previsto in Irlanda il referendum popolare sulla ratifica del Fiscal Compact, il Patto di bilancio europeo che fissa norme e limiti ai budget fiscali e che obbliga le nazioni aderenti all’Euro al raggiungimento del pareggio di bilancio per norma costituzionale.
Con ogni probabilità gli irlandesi voteranno contro (secondo gli ultimi sondaggi) e metteranno così in crisi il sistema voluto dalla cancelliera tedesca Merkel per governare l’ Europa.
Il voto irlandese segue quello tenutosi in queste settimane in Grecia per le politiche ed in Francia per le presidenziali. In entrambi i casi hanno perso coloro che hanno portato avanti la bandiera dell’ Euro. Domenica scorsa la batosta elettorale ha riguardato anche la stessa Merkel in persona, con la CDU, il suo partito, sconfitta nelle elezioni nel lander Renania – Westfalia, un’ area due volte più popolosa della sola Grecia.
E dopo, cosa succederà?
Le ipotesi sono due.
La prima prevede la fine dell’ egemonia della Germania sulle decisioni unilaterali in tema di politiche monetarie e la presa di potere di Francia, Italia e Spagna sulla necessità di emettere gli eurobond, i titoli europei garantiti in solido da tutti i paesi partecipanti all’Euro. La Merkel dovrebbe cedere alle richieste dei partners e coinvolgere direttamente la Germania nel debito dei singoli stati, secondo il seguente principio: essendoci una moneta comune ci devono essere anche debiti in comune. Non potendo questo principio valere per il pregresso, esso verrebbe applicato solo sui futuri eurobond. La massa di denaro che si verrebbe a creare servirebbe agli stati beneficiari per intraprendere finalmente quelle politiche di rilancio dell’economia e che rimetterebbero in moto il motore delle aziende in crisi di liquidità. Ma la Germania difficilmente cederà perché non accetterà mai di impegnarsi in solido con nazioni che fino ad oggi hanno mostrato di avere le mani bucate. Questione di classe politica inefficiente ed impreparata. I tedeschi sanno con chi hanno a che fare.
Lo stesso Hollande, neo presidente francese, viene visto in giro per l’Europa come l’ ennesimo rappresentante della sinistra buona solo a creare posti statali.
Allora si fa largo la seconda e più probabile delle ipotesi: l’ uscita in massa di Italia, Spagna, Grecia, Portogallo ed Irlanda dall’ Euro, con il ritorno alle rispettive monete del secolo scorso. La Francia diverrebbe la parente povera della Germania ma forse è quello che ancora gli conviene. La proverbiale grandeur li farà vivere ancora per qualche anno nell’illusione di contare qualcosa, poi Berlino se li mangerà.
Per l’ Italia, nella peggiore delle ipotesi, l’ uscita dalla moneta unica potrebbe significare una svalutazione secca della nuova Lira tra il 20 ed il 30% rispetto ad un Euro che, comunque, in queste settimane ha già perso terreno nei confronti del dollaro. Ma potrebbe anche andare meglio del previsto, perché la stessa svalutazione rappresenterebbe quella vera benzina da mettere nel motore delle imprese per tornare ad esportare massicciamente e, nello stesso tempo, per mettere un freno alle importazioni dalla Cina.
La Germania dovrà dire addio ad una fetta di mercato ampia 130-150 milioni di persone, perché l’ Euro ancora più forte, libero dalle zavorre mediterranee, renderebbe meno competitivi i suoi prodotti in quest’area. Ma i tedeschi hanno il vantaggio di poter far girare al massimo gli investimenti fatti in questi anni in Cina. Volkswagen è già il primo marchio straniero in estremo oriente. Altrimenti perché avrebbero permesso fino ad oggi al Dragone di avere mano libera in Europa, facendoci invadere con prodotti a basso costo e danneggiando principalmente le aziende italiane con una concorrenza sleale che non avrebbe altrimenti una giustificazione logica?
Allora, caro amico Fritz, Aufwiedersehen.

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