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Crisi e stress spingono gli italiani verso il Costa Rica. La storia di Ivan Sala campione di superbike e albergatore

Mollare tutto e ricominciare altrove. A chi non è mai venuta in mente un’idea del genere? Nell’immediato dopo guerra il continente americano accoglieva chi fuggiva dalla miseria, negli anni ottanta, sud e centro America, accoglievano spesso chi aveva noie con la giustizia, negli ultimi anni, invece, in particolar modo il Costa Rica, diventa la meta di chi vuole una vita meno stressata da burocrazia e strozzata dalla crisi. Trentamila sono gli italiani residenti nel paese centroamericano ma almeno altri 20 mila connazionali hanno scelto di vivere in quel posto senza prendervi la residenza. Cinquantamila, in tutto, su una popolazione complessiva di 4,5 milioni di abitanti, costituiscono la terza comunità più numerosa dopo gli statunitensi e i venezuelani. Ma sono tanti gli italiani che staccano la “spina” e ricominciano da capo nel paese caraibico.

Ivan Sala, nel 2005, aveva 35 anni, era sposato e padre di una figlia. Campione di Superbike, ha vinto anche il campionato italiano Open nel 2001, era commerciante di motociclette e aveva una rivendita con officina a Milano. “Ho venduto casa, negozio e con moglie e figlia ho dato la sterzata alla mia vita fuggendo non solo dalla crisi, ma anche dalla burocrazia asfissiante e dallo stress che mi rendeva la vita impossibile. Qui, in un paesino vicino San José in cinque anni, sono riuscito a costruire da zero, dopo aver comprato la terra, un albergo che oggi conta 27 camere avendo a disposizione solamente i soldi ricavati dalla vendita della casa e del negozio. Provate a fare la stessa cosa in Italia. Tra burocrazia e permessi ci vuole un secolo per far qualcosa senza aver certezza di riuscirci”. Il racconto della crisi in Italia fatta da Ivan, probabilmente è lo stesso fatto da tanti altri imprenditori. “Fino al ‘90 si viveva bene, c’erano soldi sufficienti per vivere degnamente ed anche per comprare una casa. Nel ’97 arriva la prima crisi ma si continuava a sperare che passasse presto anche con l’arrivo dell’Euro.

Con l’arrivo della moneta unica le cose sono andate addirittura a peggiorare e l’attività era continuamente in passivo; addirittura si riusciva con difficoltà ad uscire per mangiare una pizza con la famiglia. Anche con le corse non andava più bene. Gli sponsor pagavano sempre meno e chiedevano fatture gonfiate che io non volevo fare”. La molla è scattata nel 2005 quando “I vigili urbani di Milano – ricorda Ivan – hanno mantenuto chiuso per tre giorni il mio negozio per controlli. E va bene, i controlli si devono fare. Mi hanno però chiesto un documento del catasto che certificasse l’idoneità dei locali a quel tipo di commercio; un certificato, tra l’altro, che io avevo già prodotto all’apertura dell’attività. Al Catasto, però, mi fanno sapere che a causa di un incendio, molta documentazione era andata perduta e quella salvata era stata spedita in Russia per la digitalizzazione. Per quel certificato avrei dovuto aspettare due anni. I vigili urbani, ciò nonostante, mi dissero che rischiavo il ritiro della licenza. A quel punto la misura era colma e il “vaffa” al sistema era inevitabile”. Per una scelta del genere bisogna avere la capacità di adattarsi e sapersi reinventare, ma ciò è vero fino ad un certo punto. “L’errore che molti fanno è quello di arrivare qua e, al di la del mestiere che facevano in Italia, aprono un ristorante. Andrebbe valorizzato ciò che si sa fare, l’idraulico, il meccanico, il parrucchiere. Io ho iniziato a vendere moto e ho ricominciato a correre; ho vinto tre campionati in Costarica e adesso che ho la doppia cittadinanza corro con la maglia costaricense, e con i colori del mio sponsor Castrol che sono verde, bianco e rosso”. Nessun pericolo, secondo quanto riferisce Ivan, il Paese è tranquillissimo.

“Il fatto che non vi sia un esercito nazionale riduce il pericolo di colpi di Stato ma è la gentilezza della gente che fa questa terra ancora più bella. Ci sono alcuni borghi della capitale dove è meglio non addentrarsi di notte, ma sempre meglio della Stazione Centrale a Milano. Bisogna però integrarsi e conoscere alcune regole basilari. Non si esce con una ragazza anche se single, se prima non si chiede il permesso al suo ex fidanzato. Si dice poi che un europeo lo si riconosce dall’odore. Venendo da paesi comunque più freddi, dove ci si lava al massimo una volta al giorno, qui le abitudini igieniche devono cambiare. Un costaricense arriva a lavarsi due o meglio tre volte al dì”. Oggi Ivan ha 42 anni ed ha divorziato dalla moglie, nel frattempo è diventato papà per la seconda volta perché ha adottato un bambino del posto che si chiama Kenneth e ha 7 anni, “Parla l’italiano meglio di mi figlia Andre” racconta Ivan che a proposito di un suo possibile rientro in Italia dice: “Certo che tornerei, solo dopo la cancellazione di tutta la classe politica, ricostruendo il sistema statale da zero come nel ’45 quando si sono riscritte tutte le regole”.
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Ermanno Amedei

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