Un monumento allo spreco o un oltraggio all’ambiente. Il viadotto che avrebbe dovuto permettere alla strada statale 652 di “saltare” il fosso Maurino a Bomba, da quasi 50 anni resta lì, come due enormi trampolini in cemento posti uno di fronte all’altro. “Bisogna fare qualcosa per cancellare quella bruttura dal nostro territorio, o quantomeno renderlo produttivo”. A sostenere con forza questo convincimento è Donato Di Santo, primo cittadino di Bomba che in una intervista rilasciata al settimanale Stop ha portato alla ribalta nazionale una situazione che ancora oggi sconvolge. Si, perchè è sconvolgente guardare in uno scenario mozzafiato, fatto di vegetazione, montagne, dirupi e il lago, il ponte che comincia da destra, da sinistra, ma che non si incontra al centro.
Era il 1964 quando nella zona si stava costruendo l’importante arteria stradale che oggi è nota come fondovalle del Sangro. Si trattò quindi di decidere come “saltare” i circa mille metri di fosso ad una altezza massima di una ottantina di metri. L’ingegnere responsabile dei lavori, nonostante la zona franosa, decise di portare avanti il suo progetto di viadotto sorretto da colonne ancorate al suolo da una profonda palificazione.
Così il ponte venne costruito ma, una volta ultimato, prima ancora che una sola auto potesse transitarvi, ci si accorse che le colonne centrali sprofondavano, e quindi fu necessario abbatterle e con esse anche un centinaio di metri di viadotto. Da allora le cose sono rimaste così come sono oggi. Una strada tortuosa e pericolosa aggira la mega struttura inutile, e non si sono trovati neanche i soldi per abbatterlo. Se non lo hanno fatto in tanti anni, figuriamoci se lo si può pensare oggi con la crisi che morde le tasche di ogni amministrazione. Il sindaco Di Santo però non ci sta e da quando si è insediato nel 2009. Sta portando avanti un suo progetto. “Innanzitutto ho presentato alcuni quesiti alla Regione Abruzzo per capire chi ha competenze su quella struttura”.
Il ponte, infatti, realizzato su commissione della Cassa del Mezzogiorno, se fosse stato ultimato, sarebbe stato dato in gestione all’Anas come tutto il resto della strada. “Oggi – dice il sindaco – non sappiamo neanche chi ne è proprietario”. Stabilito questo aspetto, Di santo, intuendo l’impossibilità di abbatterlo, chiede almeno che possa essere usato perchè il territorio potesse trarne beneficio e pensa ad una centrale di produzione di energia elettrica tramite il fotovoltaico. Propone, insomma, di coprire l’asfalto mai calpestato da pneumatici, con pannelli solari anche perchè l’esposizione è ideale. Chissà se oltre al danno che gli abitanti di Bomba hanno dovuto subire per quello scempio, saranno anche beffati con un no all’ambizioso progetto.
Ermanno Amedei