Da Giovanni D’Agata riceviamo e pubblichiamo:
Alcune riviste scientifiche veterinarie ne parlano da anni come un rischio per gli animali ma anche per la salute umana anche se ad oggi le istituzioni che si occupano di zooprofilassi sembrano voler sottacere i rischi connessi alla diffusione di una particolare tipo di alga unicellulare: la prototecha. Di questi organismi incolori simili a lieviti, di cui ne esistono cinque diverse specie la P. moriformis, P. stagnora, P. ulmea, P. wickerhamii e P. zopfii. gli ultimi due tipi sono responsabili di infezioni cutanee in campo umano e veterinario.
Le Prototheca, infatti, possono colonizzare la cute umana, le coane nasali, il tratto respiratorio e l’apparato digerente. Penetrano nel corpo umano attraverso le ferite cutanee e le lesioni delle mucose in conseguenza del contatto con le acque contaminate. Nelle letteratura medica le lesioni sono descritte come diffuso eritema, paule, pustole vescicolose, ulcerazioni, noduli, forme erpetiche o eczematose localizzate soprattutto nell’estremità . Possono prodursi dolorabilità , rigonfiamento dei tessuti molli e formazioni di liquido siero purolento.
L’esposizione dell’uomo alla Prototheca, oltre che ambientale, può avvenire anche tramite alimenti o acque contaminate. La patogenesi della Protothecosi nell’uomo è largamente sconosciuta. In Italia, un importante fonte di esposizione alimentare di Prototheca per il consumatore, è rappresentata, con tutta probabilità , dal latte crudo. Questi organismi microscopici, infatti, sono soliti prediligere ambienti umidi e malsani come le stalle dove la pulizia e l’igiene, per definizione, non sono il massimo; ne sono un esempio gli abbeveratoi, i gruppi di mungitura, i condotti del latte delle sale di mungitura, i bidoni di raccolta del latte, le lettiere poco rinnovate. La loro presenza è stata anche riscontrata nelle feci dei topi che abitualmente frequentano le stalle.
Dal punto di vista farmacologico, tutti gli antibiotici utilizzati si sono dimostrati inefficaci contro il ceppo di P.zopfii isolato, con la sola eccezione della nistatina e dell’amfotericina B che hanno inibito la crescita delle colonie rispettivamente del 58% e del 33% .
Sulla base di questi dati è inevitabile giungere alla conclusione che la mastite provocata dalla P. zopfii rappresenta con elevata probabilità un serio rischio per le aziende produttrici di latte, per l’intero comparto sanitario e quindi anche per l’uomo.
Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti†sulla scia di quanto auspicato da chi studia e tenta di sconfiggere gli effetti nefasti di queste alghe, un primo passo per la pianificazione di programmi di profilassi dell’ infezione dovrebbe essere il monitoraggio su larga-scala della situazione italiana attraverso uno studio epidemiologico dell’infezione al fine di individuare le aree maggiormente colpite dalla patologia. Per tali ragioni ci si rivolge sia al Ministerodella Sanità che all’Istituto Superiore della Sanità ed alle ASL per avviare il monitoraggio su larga scala della presenza della Prototheca per riuscire in futuro a costituire una banca dati relativa alla presenza dei focolai di infezione negli allevamenti italiani.
Fondamentale diventerebbe così l’individuazione e l’adozione di specifiche misure di profilassi per combattere la diffusione dell’alga e per eliminare gli altri microrganismi patogeni presenti in stalla individuati tramite l’esame batteriologico del latte.
Data la difficoltà a debellare il resistente microrganismo, la miglior cura possibile resta pertanto la prevenzione. Fondamentali sono l’igiene, la pulizia, il ricambio continuo di paglia, il miglioramento delle strutture dell’azienda, il riconoscimento e l’eliminazione delle cause di umidità , la separazione dei capi infetti da quelli sani e per quanto riguarda l’uomo, evitare di bere il latte crudo.