Massacro tra mura domestiche, sono 217 donne uccise dai mariti o compagni e il 15% aveva denunciato le molestie
14 Settembre 2012Siddharta Gautama Buddha.
La conseguenza è visibile a tutti, ed è lo stalking; il tratto più evidente di un disegno di sofferenza e abbandono originariamente composto a matita, quasi invisibile, negli anni.
Lo stalker generalmente narra una storia di dolore spesso radicato in un’infanzia in cui l’unica arma di difesa dalle percezioni d’indifferenza è stata la feroce negazione dell’amore, cresciuta silenziosamente nel paradosso di un bisogno disperato di affetto.
La fragile personalità dello stalker si struttura a fatica sul sentore di essere vittima di un «rifiuto originale», il rifiuto supremo, quello delle figure di riferimento.
La ferita inferta nella tenera gioventù muta in una forma d’insicurezza cronica, che prelude ad un terrore dell’abbandono ossessivo e costante che troppo spesso finisce per evocare l’allontanamento delle persone amate, in quanto l’attaccamento dell’individuo che non ha esperito una forma sana di amore è l’attaccamento di un analfabeta delle emozioni, che per tutta la vita tenterà di instaurare rapporti duraturi senza esserne realmente capace.
Il comportamento ansioso e incapace di elaborare l’abbandono del bambino “rifiutato†tornerà prepotentemente ad insediarsi nella vita dell’individuo adulto nel momento in cui quest’ultimo sentirà di essere allontanato dalla persona oggetto del desiderio, portandolo a una regressione che lo costringerà a rimanere legato a doppio nodo all’ossessione della figura che gli negherà l’accudimento di cui sente di avere, da sempre, un disperato bisogno.
Qualsiasi abbandono in età adulta evocherà l’abbandono “sommo†percepito nelle fasi più delicate della crescita, annebbiando – di fatto – la capacità cognitiva del futuro stalker di rendersi autonomamente consapevole dell’insensatezza del suo comportamento nei confronti della figura idealizzata come quella del “salvatoreâ€, una figura verso la quale proverà sentimenti contradditori ed ossessivi, volti al recupero del suo amore totalizzante o alla sua definitiva distruzione, spesso non solo simbolica.
Il secondo rifiuto viene da una famiglia assai più allargata: la società .
Ma qui le accezioni di “rifiuto†da considerare sono due: da un lato allo stalker viene negata–“rifiutata†la classificazione precisa in una tipologia di scarto incompatibile con la collettività , non permettendo così l’individuazione del corretto trattamento al quale dovrebbe essere sottoposto per non trasformarsi in un rifiuto tossico (altamente nocivo o mortale) per la società stessa, mentre dall’altro il rifiuto è da riferire alla percezione dello stalker che, dopo essersi auto-identificato come un emarginato nel suo stesso contesto famigliare, finisce per sentirsi rifiutato anche dal contesto sociale in cui è inserito, che – invece di investire risorse nella rieducazione sociale e sentimentale del reo – decide di destinarlo agli arresti domiciliari o al carcere, entrambi trattamenti inadeguati per il problema stalking (fenomeno sociale) e per il problema… dello stalker (soggetto deviante).
Il “rifiuto†umano viene abbandonato in un contesto in cui non è prevista alcuna attenzione per la componente psicologica, trasformandosi così in un rifiuto tossico una volta reinserito nella società . Il rifiuto tossico danneggia, avvelena, uccide.
La disattenzione per la matrice dello stalking, il mancato riconoscimento della natura del problema e le soluzioni sbrigative per disfarsene non portano ad alcuna soluzione se non ad un’imprevista e sgradevole non-soluzione che finisce per aumentare le difficoltà di porre un freno ad un fenomeno che colpisce oggi un italiano su cinque.
In questo libro, Massimo Lattanzi, presidente dell’Osservatorio Nazionale Stalking e psicologo-