Marchionne continua a utilizzare la “scusa†del costo del lavoro come problema italiano in modo strumentale, per deviare l’attenzione dal problema centrale. Tanto più si discute di produttività del lavoro, tanto più si nascondono i problemi veri del settore. Secondo l’A.D. della Fiat, lo stabilimento di Piedimonte San Germano sarebbe poco produttivo e profittevole nemmeno se ci fossero gli schiavi. Con una aggravante, che in qualche misura deve far pensare. Molti imprenditori metalmeccanici hanno appoggiato la lotta di classe della Fiat su orario di lavoro e salario non perché fosse un modello adeguato per rispondere alla crisi del settore, ma perché tornava utile per imporre condizioni di lavoro restrittive. In qualche misura hanno usato Fiat per un tornaconto personale. Infatti, dopo sono arrivate la riforma del marcato del lavoro e la manomissione dell’articolo 18.Questa è la miseria della classe dirigente italiana.
La caduta della domanda del 2011 e del 2012 era più che prevedibile date le politiche restrittive adottate da tutti i Paesi europei. Tutti sapevano che il mercato dell’auto sarebbe andato incontro ad una grande crisi di ristrutturazione, ma nessuno ha pensato di guidare il processo di razionalizzazione a livello europeo cercando di salvare quanto di buono esisteva. Se consideriamo il lavoro diretto e indiretto il settore occupa nel Cassinate quasi 20 mila Lavoratori e Lavoratrici, soprattutto nell’assemblaggio . La politica locale e nazionale hanno fatto, sin ora, ben poco, per salvaguardare i posti di posti di Lavoro e lo stabilimento di Cassino. Forse è giunto il momento di coinvolgere la Commissione Europea per guidare il necessario processo di ristrutturazione del settore delle automotive, in particolare quello dell’auto. L’Europa dovrebbe assumere un ruolo guida del necessario processo di ristrutturazione del settore, sulla base delle competenze, delle economie di scala, nonché dell’orizzonte europeo in materia di green economy. In oltre, l’intervento della Commissione permetterebbe di uscire dalle logiche locali, statali e fiscali, consegnando il progetto automotive alla politica industriale europea, evitando di mettere in competizione le diverse società automobilistiche sulla base dei diritti dei lavoratori.