Nuovi passi avanti nella ricerca condotta dagli specialisti dell’IRCCS Neuromed. Proprio in questi giorni, infatti, è stato pubblicato l’e-book relativo allo special issue di Frontiers in Neuroenineering (frontiere in neuro-ingegneria) curato dal Prof. Giovanni Mirabella (http://www.frontiersin.org/books/Volitional_inhibition_the_gateway_for_an_efficient_control_of_voluntary_movements/104). Lo special issue ha come obiettivo quello di stimolare il contatto e la collaborazione tra scienziati che si occupano del controllo inibitorio dei movimenti, ossia della capacità d’interrompere un’azione che sta per essere compiuta, e gli scienziati che cercano di mettere a punto delle neuro-protesi, ovvero degli arti artificiali comandati dall’attività elettrica del cervello. Questi due mondi fino ad oggi sono stati stranamente lontani, ma con tutta probabilità la capacità di cancellare i movimenti non desiderati è alla base della nostra capacità di decidere cosa fare e quindi è alla base di quello che viene definito libero arbitrio. Proprio questo è uno degli aspetti sui quali le moderne neuro-protesi difettano.
Essere in grado di interrompere un’azione in corso è una capacità fondamentale per sopravvivere in un mondo imprevedibile. Eventi improvvisi, come la comparsa di un ostacolo fisico, possono infatti richiedere un cambio rapido della strategia motoria pianificata. Perciò comprendere le caratteristiche funzionali e le basi neurali dell’inibizione è un obiettivo primario non solo per poter trattare alcune malattie in cui le capacità decisionali sono gravemente compromesse, come il deficit di attenzione e iperattività , ma anche per poter sviluppare efficienti interfacce cervello-macchina.
Nonostante una quantità incredibile di lavori, restano ancora da chiarire le localizzazioni dei substrati neurali di inibizione volontaria e il loro contributo specifico a questa funzione esecutiva. Quello che tuttavia risulta più verosimile è che alla base del controllo del ‘sé’ e della simulazione mentale delle azioni di volontarie ci sia la capacità di interrompere azioni in corso. In altre parole, la nostra volontà sembrerebbe fondarsi proprio sulla capacità di sopprimere le azioni indesiderate. In tal senso appare chiaro che i comandi nervosi che sottostanno all’inibizione debbano essere necessariamente presi in considerazione per inviare i segnali appropriati ai dispositivi artificiali il cui ruolo sia quello di imitare i movimenti volontari.
Grazie a questo lavoro di raccordo, operato dal Prof. Mirabella (Volitional inhibition and brain-machine interfaces: a mandatory wedding), non solo vengono messi a fuoco i meccanismi funzionali di inibizione volitiva (come si vede in particolare nel lavoro condotto dal Prof Mirabella di concerto con l’equipe dell’epilessia dell’IRCCS Neuromed), ma si approfondiscono le possibilità d’applicazione delle conoscenze acquisite fin ora in questo campo per costruire interfacce che raccolgano e decodifichino i segnali neurali in ingresso per muovere arti artificiali e/o per interagire con il personal computer.
Quest’ultimo lavoro segue un filone che, ormai da anni, il Prof. Mirabella sta seguendo collaborando anche con l’equipe per la cura della malattia del Parkinson dell’IRCCS Neuromed e che sta riscuotendo grande attenzione dalla comunità scientifica. Nel 2012, infatti, è stato pubblicato un altro studio su Cerebral Cortex (Deep Brain Stimulation of Subthalamic Nuclei Affects Arm Response Inhibition In Parkinson’s Patients) che chiarifica il ruolo degli stimolatori profondi (deep brain stimulators-DBS) nei pazienti parkinsoniani nell’inibizione di un atto che si sta per compiere. Questo studio rappresenta un importante contributo su un argomento molto dibattuto come l’effetto dei DBS sull’inibizione volontaria, in quanto dimostra che la DBS migliora la capacità di controllo dei movimenti solo quando entrambi i nuclei subtalamici vengono stimolati. Inoltre dimostra anche che l’effetto della stimolazione è selettivo in quanto influenza solo la capacità di sopprimere un atto ma non quello di generarlo.
Queste scoperte, assieme a quelle prodotte in altri laboratori sparsi nel mondo, potrebbero costituire la base di partenza per la costruzione di arti artificiali molto più efficienti di quelli attualmente esistenti restituendo ai pazienti, che hanno perso gli arti o che sono paralizzati, una vita più normale e quindi più felice.