“E’ quasi un anno che é stato riaperto il caso di NOCIONE, dove ci sono forti forme di inquinamento ambientale dovuto all’avvelenamento della falda”. Lo scrive in una nota stampa Edoardo Grossi, componente della Consulta dell’Ambiente del comune di Cassino che teme un rallentamento nelle indagini. “E’ avvelenato suolo, sottosuolo e acqua. La salute dei cittadini, che abitano nei pressi del sito contaminato, è seriamente compromessa. Una famiglia (S.T.) che abita a circa 800 metri dal sito, ha un pozzo avvelenato da cromo esavalente, tant’è che dalle analisi dell’Arpa risultò notevolmente contaminato da Cromo e Ferro, da spingere lo stesso Sindaco di allora a emettere una ordinanza di non usare l’acqua per qualsiasi uso. Ordinanza revocata, dopo circa sei mesi, dal dirigente del settore ambiente e manutenzione, senza aver fatto effettuare altri prelievi e analisi. Dal pozzo ancora oggi fuoriesce acqua dal colore rossastro. La domanda è d’obbligo. Perché la revoca dell’ordinanza del Sindaco, a non usare l’acqua, fu firmata dal dirigente e non dal Sindaco che la emise? Su quale base il dirigente emise l’ordinanza di revoca, se non furono effettuati altri prelievi ed analisi, al pozzo di S.T., che attualmente è gravemente malato di patologia renale? A tutte queste domande ha dato sicuramente delle risposte l’inchiesta della Guardia di Finanza, che ha lavorato ad un ritmo serrato, incessante, dall’estate scorsa. Mesi fa le Fiamme Gialle, su disposizione della Procura della Repubblica di Cassino, effettuarono un blitz in Comune, ci fu massimo riserbo sull’attività investigativa ma sembra che nel mirino dei militari della Guardia di Finanza, al comando dell’allora Capitano Ciccarelli, vi fossero dei documenti inerenti la bonifica, mai avvenuta, di un appezzamento limitrofo a quello oggetto di indagini. La Guardia di Finanza acquisì i documenti al Palazzo Civico per cercare elementi precisi che potevano rivelarsi fondamentali per una svolta alle indagini che appariva sempre più vicina. Si cercava inoltre di dare un nome a chi in tutti questi anni ha omesso oppure ha taciuto. Sono stati ascoltati decine e decine di testimoni, da parte della Guardia di Finanza, tra questi ex dipendenti del comune di Cassino e tutti hanno confermato l’interramento dei rifiuti di ignota natura. L’intensa attività investigativa avrebbe dovuto accertare anche perché i cittadini non sono stati informati circa i possibili danni alla salute umana provocati dall’utilizzo dell’acqua per l’irrigazione dei campi. Avrebbe dovuto accertare inoltre perché quell’area, nel Piano Regolatore poi revocato, era stata destinata ad agricoltura pregiata. Avrebbe dovuto accertare perché su quella particella, dove sarebbero interrati i veleno, c’é una richiesta alla Regione Lazio di un impianto fotovoltaico.
E le domande che mi pongo sono: 1-PERCHÉ QUELL’AREA ANCORA OGGI NON É STATA MESSA SOTTO SEQUESTRO E TRANSENNATA.
2- PERCHÉ SI LASCIA CHE GREGGI DI PECORE PASCOLINO SUL SITO, SENZA CHE SIA STATO POSTO UN DIVIETO PER GRAVI PROBLEMI IGIENICO-SANITARI?
Auspico – conclude Grossi – che si arrivi presto ad un provvedimento che faccia piena luce sulla vicenda e che quest’area di Cassino, oggi fortemente contaminata, torni ad essere un ambiente salubre e vivivibile”.