Sono trascorsi sessantotto anni da quel  27 gennaio del 1945, quando furono abbattuti i cancelli di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa. Dal 2000, quella data viene ricordata ogni anno in quello che stato definito il Giorno della Memoria. Una ricorrenza nata per commemorare, appunto, la Shoah e tutto quello che di disumano ha comportato. Sono infatti oltre sei milioni gli ebrei uccisi a causa del progetto di sterminio nazifascista. Nei campi trovano la morte oltre 3 milioni di ebrei, che tra fucilati e morti nei ghetti diventano circa 6 milioni, 3.300.000 prigionieri di guerra sovietici, anche sugli slavi piombò la politica di annientamento, 1 milione di oppositori politici, 500.000 zingari Rom (Porajamos = distruzione nel linguaggio Romanès), circa 9.000 omosessuali, 2.250 testimoni di Geova  oltre a 270.000 morti tra disabili e malati di mente. Questo solo in parte l’elenco della furia sanguinaria del nazi-fascismo e che portò morte e distruzione in tutta Europa. Ricordare quei terribili eventi è un dovere, per evitare che simili barbarie possano ripetersi. È una ricorrenza istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che ha in tal modo aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata in commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo (nazismo) e del fascismo, dell’Olocausto e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati. La Giornata della Memoria non è solo l’occasione per ripercorrere le barbarie e le atrocità perpetrate in nome della razza dalla mostruosa macchina di morte attivata dal nazionalismo tedesco nel corso della Seconda Guerra Mondiale. È anche l’occasione per riflettere su come l’umanità possa essere riuscita a scendere tanto in basso e chiedersi se potrebbe accadere ancora, come purtroppo, è successo di recente in Bosnia e sta accadendo in tante altre parti del mondo!