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Giorno del Ricordo, il Carnevale e la campagna elettorale “distraggono ” gli italiani dalla tragedia delle Foibe

Il clima festoso del carnevale e la bagarre elettorale (che troppo spesso strumentalizza) cozza con lo stato d’animo di chi deve ricordare perché consapevole di ciò che accadde nel dopoguerra agli italiani d’Istria e della Dalmazia. Dieci febbraio, ultima domenica di Carnevale ma soprattutto, giorno del ricordo. Ricordo di quella parola, foibe, che per tanti anni significava solo cavità carsica tipica del confine orientale d’Italia, quello che toccava i territori della ex Jugoslavia. Un paese in ginocchio e reso tale dalla seconda guerra mondiale, non riuscì a trovare forza e dignità per proteggere tanti suoi figli che a migliaia finirono in quelle cavità, alcuni fucilati prima, alcuni gettati ancora vivi. Una vergogna amplificata dal silenzio che per tanti anni, come una pietra tombale, ha tentato di nascondere quella terribile realtà come il prezzo da pagare, evidentemente, per reggere un vergognoso equilibrio politico con i vincitori. Partigiani comunisti, secondo alcuni, truppe di Tito, secondo altri, entrambi, secondo altri ancora, sul finire della seconda guerra mondiale, tra Trieste e Istria, hanno compiuto scelleratezze indicibili che sono costate la vita ad un numero imprecisato di italiani, ma certamente a migliaia. Oggi la parola foiba, ha un altro significato.
A pochi giorni dalla shoah quando tante cose sono state spese, quando giustamente tanti concetti di solidarietà sono stati espressi, tante iniziative, mostre, convegni sono stati organizzati per non dimenticare le vittime dei campi di concentramento nazisti, poco è stato fatto, invece per ricordare gli italiani morti nelle foibe e quelli che, ben 350 mila, da un giorno all’alto, hanno dovuto lasciare le loro case per non fare la stessa fine. Eppure qualcuno continua a sostenere che i morti sono tutti uguali e che questo è un Paese giusto.
Ermanno Amedei

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