Oggi i militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Caserta hanno dato esecuzione a un’ordinanza cautelare emessa dal G.I.P. del locale Tribunale, su richiesta di questa Procura della Repubblica, nei confronti dei soggetti indicati nel foglio separato.
Le persone colpite dalla misura cautelare (arresti domiciliari) sono tre avvocati delle province di Napoli, Caserta e Benevento, gravemente indiziati dei reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di reati di falso in atto pubblico per induzione, nonché di truffa (artt. 416, 110, 48 e 479 c.p.).
Le indagini, svolte dal suddetto Nucleo di Polizia Tributaria coordinato dalla Quarta Sezione della Procura della Repubblica di S. Maria Capua Vetere, avevano preso avvio, tra la fine del 2009 e gli inizi del 2010, in seguito a una denuncia sporta dai legali rappresentanti della Telecom Italia spa.
Costoro avevano riferito che la Telecom, negli ultimi anni, era stata molte volte convenuta in giudizio, in sede civile, da parte dei tre suddetti professionisti, con atti di citazione “serialiâ€, aventi tutti sostanzialmente lo stesso contenuto. Vi si chiedeva, infatti, per conto di presunti “clientiâ€, la ripetizione delle irrisorie spese di spedizione delle bollette (ammontanti a circa 0,31 euro) e/o il rimborso del canone di abbonamento; a ciò ovviamente si aggiungeva la richiesta del ben più ingente rimborso delle spese legali.
Dopo i primi accertamenti, che confermavano, in qualche modo, la prospettazione dei fatti operata dai rappresentanti della Telecom, le successive perquisizioni, eseguite presso gli studi legali degli indagati Amirante e Calandra, permettevano di avere piena conferma dell’ipotesi accusatoria.
Venivano rinvenuti più di 1.300 fascicoli relativi ai suddetti “ricorsi serialiâ€: dall’esame di tale documentazione, nonché dalle conseguenti indagini – in particolare, dall’escussione di un consistente numero di fittizi “attori†delle suddette cause civili (che avrebbero conferito mandato ai tre legali ad agire nei confronti della Telecom), nonché dall’esecuzione di apposite consulenze grafologiche per la verifica della autenticità delle firme apposte in calce ai mandati – emergeva che tutti gli atti sui quali si fondavano i ricorsi erano in realtà falsi.
Infatti, dalle investigazioni è emerso chiaramente che un gran numero dei presunti attori nei confronti della Telecom:
o erano del tutto ignari della proposizione dei ricorsi stessi, in quanto non avevano mai sottoscritto alcun mandato (la successiva consulenza grafica, in tali casi, ha confermato la falsità della sottoscrizione);
o erano addirittura già deceduti al momento in cui avrebbero conferito il mandato ad litem ai suddetti avvocati.
È stato accertato, in sostanza, che i predetti professionisti avevano costituito un sodalizio (con precisa suddivisione dei ruoli nell’ambito dello stesso) finalizzato a realizzare un efficace sistema di frode ai danni della Telecom, utilizzando finti “clientiâ€, in genere del tutto ignari della proposizione dei ricorsi.
La truffa veniva realizzata nel seguente modo: l’avv. Calandra, attraverso “procacciatori di affari†nei cui confronti sono in corso le indagini, individuava i dati anagrafici di clienti della citata compagnia telefonica (all’insaputa in genere degli interessati); successivamente, interveniva l’avv. Vallefuoco, il quale approntava atti falsi per far apparire realizzata la procedura di conciliazione (che, ovviamente, non andava mai a buon fine), condizione di procedibilità per il successivo conseguente ricorso al Giudice di Pace, presentato, invece, dall’avv. Amirante; infine, nell’ultima fase, dopo la costante soccombenza della Telecom, veniva attivato di nuovo l’avv. Calandra, che poneva in essere gli atti di precetto per la ripetizione delle spese legali contro la società condannata.
I ricorsi seriali – nonostante la maggior parte degli apparenti attori fosse residente in Napoli – venivano tutti incardinati presso il giudice di pace di Santa Maria Capua Vetere (dove l’associazione aveva sede operativa) attraverso l’escamotage dell’elezione di domicilio, anche per il grado di appello, in Santa Maria Capua Vetere presso lo studio dell’avv. Amirante. In tal modo gli ignari ricorrenti non avevano alcuna possibilità di venire a conoscenza dell’instaurazione della causa civile in loro nome e per loro conto instaurata dagli odierni arrestati.
I tre avvocati, inducendo in errore il giudice di pace sulla sussistenza dei mandati alle liti, ottenevano, nella gran parte dei casi, la condanna della compagnia telefonica alla ripetizione delle inconsistenti spese di spedizione della bolletta e, soprattutto, il ristoro delle spese legali, che costituivano il vero prodotto della truffa (che si calcola abbia fruttato agli avvocati circa 200.000 euro).
Nei confronti degli altri sei partecipi all’associazione, che avevano il ruolo di procacciatori di potenziali clienti, il GIP non ha ritenuto sussistenti sufficienti indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo.