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Immigrazione clandestina con falsi permessi, tre persone arrestate tra Monte San Biagio e Itri

Oggi gli agenti del commissariato P.S. di Fondi hanno dato esecuzione ad ORDINANZA di APPLICAZIONE di MISURA CAUTELARE del Tribunale di Latina, Uff. GIP, disposta nei confronti di:

1 S. E., nata a Fondi nel74, res.te a Monte S. Biagio. AGLI ARRESTI DOMICILIARI;
2 D. F. A., nato a Fondi nel 68 res.te a Monte S. Biagio. AGLI ARRESTI DOMICILIARI;
3 C. M. nato a Itri (LT) nel68 ivi res.te. Con obblighi di P.G., (obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria).

I primi due: responsabili degli artt. 110 e 81 c.p., art 12 c. 3 bis e ter del D. L.vo 286/98 nonché responsabili del reato di Falsità Materiale; “perché in concorso tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e con altra persona in corso di identificazione, al fine di trarne profitto compivano atti diretti a procurare illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato di un numero di persone superiore a cinque, avanzando fittizie istanze per il rilascio di nullaosta al lavoro subordinato nell’ambito dei flussi migratori annuali, al solo fine di far loro ottenere il visto di ingresso nello Stato, senza poi provvedere alla effettiva assunzione degli stessi, nonché contraffacendo una dichiarazione aziendale utile ad integrare le predette istanze che poi presentavano alla Direzione Provinciale del Lavoro di Latina”.
IL terzo: perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso in concorso con altra persona in corso di identificazione, al fine di trarne profitto, compiva atti diretti a procurare illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato di un numero di persone superiore a cinque, avanzando fittizie istanze per il rilascio di nullaosta al lavoro subordinato nell’ambito dei flussi migratori annuali, al solo fine di far loro ottenere il visto di ingresso nello Stato, senza poi provvedere alla effettiva assunzione degli stessi, grazie alle quali inducendo in errore i Pubblici Ufficiali dello Sportello Unico per l’Immigrazione di Latina, venivano rilasciati altrettanti nullaosta al rilascio del prescritto visto di ingresso da parte delle autorità consolari.

Infatti, nell’ambito di attività investigativa di più vasto respiro, relativa al fenomeno del favoreggiamento dell’ingresso e della permanenza sul territorio nazionale di cittadini extracomunitari in stato di clandestinità, nel decorso mese di febbraio quest’ufficio riceveva una segnalazione da un funzionario della Direzione Provinciale del Lavoro di Latina secondo la quale la documentazione presentata dal datore di lavoro S. E., in oggetto, ad integrazione delle istanze di nulla osta avanzate per il flusso 2011/2012 – nello specifico una denuncia aziendale – presentava delle anomalie.
Successivamente veniva richiesto all’INPS, sede di Latina, di effettuare un’indagine sul modulo de quo, ricevendo conferma di quanto sospettato. Nello specifico. Il ”Mod. D.A.” ricevuto dalla Direzione Provinciale del Lavoro, in nome e per conto della S.E., è sicuramente oggetto di contraffazione, in quanto, come più dettagliatamente riportato dall’ente, le pagine che formano il modulo riportano codici identificativi di due aziende non riconducibili all’interessata e, soprattutto, i terreni indicati ed il codice fiscale del proprietario dei terreni corrispondono altra persona. Quest’ultima deceduta nel febbraio dell’anno 2012, in data 26.09.11 aveva effettivamente inoltrato all’INPS una denuncia aziendale tramite l’intermediario
Avuto, quindi, conferma della contraffazione della denuncia aziendale, effettuata al fine di determinare il parere positivo della DPL sulle istanze di nulla osta, si è provveduto ad acquisire in copia tutta la documentazione giacente presso lo Sportello Unico di Latina riguardante suddetto datore di lavoro .
La S. E., davanti all’evidenza dei fatti, negli uffici di Polizia ha laconicamente ammesso di aver richiesto, per il flusso 2012, dei nulla osta per lavoratori extracomunitari dietro promessa di 1000 euro. Più precisamente, trovandosi in difficoltà economiche, accettava la proposta di un suo conoscente, C. M., in oggetto, di acconsentire all’uso dei suoi dati personali e della sua azienda per far entrare in Italia, a dire della stessa, solo un paio di lavoratori stranieri, consegnandogli copie dei suoi documenti. La S., però, precisava di aver autorizzato il conoscente solo per il flusso 2012, disconosceva alcuni atti, pur ammettendo di essersi presentata presso lo Sportello Unico di Latina per la firma di alcuni documenti.
Dopo un preliminare controllo nella banca dati relativa alla gestione dei visti a nome C. M., anche quest’ultimo confermava le dichiarazioni rese dalla conoscente, aggiungendo di aver autorizzato l’inoltro, anche a suo nome, di alcune richieste di nulla osta per i flussi 2010/2011/2012, dietro promessa di un compenso. Il suddetto, pur ammettendo le sue responsabilità, era molto generico circa la persona che gli aveva promesso il denaro ed al quale aveva consegnato fotocopie di documenti e successivamente i nulla osta ritirati presso lo Sportello Unico, dichiarando soltanto che trattasi di uno straniero in corso di identificazione.
Alla luce delle numerose contraddizioni emerse durante le indagini di polizia giudiziaria, si
procedeva, quindi, a richiedere allo Sportello Unico lo stato delle istanze inoltrate verificando i nominativi degli stranieri che hanno beneficiato del visto di ingresso. Dalla disamina in Banca Dati delle istanze di emersione si otteneva una conferma della bontà dell’attività investigativa svolta, in quanto è stata riscontrata la presenza in territorio nazionale in stato di clandestinità di tre cittadini bengalesi tra quelli fittiziamente richiesti dal C.M.
Alla luce di quanto sopra esposto, considerato che la S. E. ed il C. M. non hanno mai formalizzato assunzioni è da ritenersi di tutta evidenza che le numerose richieste di nulla osta inoltrate sono state effettuate con l’unico fine di lucrare sui cittadini extracomunitari che, per poter ottenere la richiesta nominativa da parte del datore di lavoro, indispensabile per il ritiro del visto d’ingresso presso le autorità consolari italiane nei rispettivi paesi, disposti a pagare ingenti somme di denaro.
Questa scelta di non presentarsi presso l’ufficio competente e di non presentarsi presso il datore di lavoro che lo avrebbe richiesto – preferendo stranamente lo stato di clandestinità – fa presupporre che l’interessato sia ben consapevole che dietro la richiesta nominativa non ci sia l’effettiva opportunità di lavoro, ma che essa sia solo fittizia. Ciò anche alla luce della stessa normativa in materia (d. l.vo 286/98), la quale prevede che al primo ingresso il lavoratore extracomunitario possa essere assunto soltanto dal datore di lavoro richiedente.
Per i motivi descritti e stante l’ acquisizione di sufficienti elementi in ordine alla colpevolezza degli indagati si è richiesto all’A.G. l’applicazione della idonea misura cautelare atta ad impedire che gli stessi possano reiterare la condotta delittuosa, atteso sia i lauti guadagni che ci sono dietro il rilascio dei visti di ingresso sia l’aurea di impunità che muove questi soggetti, i quali non si fanno scrupolo di autorizzare persone, a loro dire, sconosciute ad usare i loro dati personali per fare di tutto pur di facilitare l’ingresso in Italia di stranieri che resteranno clandestini, rinunciando ad effettuare forme di controllo su quanto viene fatto in loro nome e per loro conto.

Dopo aver condotto negli Uffici di P.S, i predetti, al termine degli adempimenti di rito, sono stati condotti presso le rispettive abitazioni e sottoposti agli arresti domiciliari giusta Ordinanza del TRIBUNALE di Latina a firma del G.I.P. dr. DE ROBBIO su richiesta del Pubblico Ministero dott. Capasso

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