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Tedeschi: ” Il modello sanità del Lazio è fallito, bisogna intervenire, ricominciare con logiche diverse”

Il modello sanità del Lazio è fallito. Non c’è bisogno di ragionarci troppo, i numeri parlano fin troppo chiaro. Ma siamo sicuri che a fallire nel Lazio sia stato il modello sanitario o invece la sua deleteria applicazione da parte della mala politica? Al punto in cui siamo forse non c’è più tempo per farsi certe domande: bisogna intervenire, cambiare pagina, ricominciare con logiche diverse. Quindi ben venga l’approccio professionale per reimpostare tutta la sanità laziale, ben venga un approccio metodologico rigoroso basato sul l’analisi dei processi e  delle loro criticità. In termini aziendali si parla di sistema di gestione per la qualità. Anche le ASL dovevano essere aziende e funzionare secondo le logiche aziendali, ma sappiamo tutti che la storia delle ASL laziali ha preso tutta un’altra piega che nulla ha a che vedere con le logiche della qualità, della meritocrazia, della produttività e dell’efficienza.  Lo spoil system ha portato la mala politica a governare la nostra sanità con la logica delle spartizioni. Il ricco bottino costituito da oltre il 70 per cento delle risorse di tutto il bilancio della Regione Lazio faceva gola a troppi ed allora si è instaurata una logica spartitoria che inizia con le nomine dei direttori generali ed arriva nelle corsie passando ovviamente per i primari. Ogni tanto capita che ci sia corrispondenza tra ruolo e competenze, ma pare sia legato più al caso che a valutazioni oggettive. Nello studio della Deloitte commissionato da Unindustria riveste notevole importanza il sistema di controllo di gestione che dovrà provvedere, come in tutte le moderne aziende, a monitorare l’utilizzo di tutte le risorse preventivamente allocate in sede di redazione del budget. Tutte cose sacrosante che in realtà erano state introdotte anche nell’attuale sistema, ma solo attraverso etichette pro forma. Nella sostanza sappiamo bene che il mancato controllo della spesa sanitaria era funzionale all’allegro e disinvolto utilizzo delle stesse. Se qualcosa non ha funzionato nel modello Lazio non è allora il modello in se’ bensì la politica del Lazio, pardon la mala politica. Ora, che si proponga da parte di Unindustria lo studio di una multinazionale della consulenza è più che apprezzabile, ma è l’ulteriore conferma che la politica non riesce a gestire il più grande problema del Lazio. Se si dovesse applicare in toto il modello proposto da Unindustria,  la sanità privata, si legge nel documento, verrebbe riconosciuta come parte integrante e non accessoria del Ssr. Qui dovrebbe entrare in gioco la politica ed il Presidente Zingaretti, un presidente eletto con i voti del centro-sinistra, dovrebbe si far tesoro del documento in analisi, ma utilizzarlo in funzione di quel bene comune che dovrebbe ispirare la politica del centro-sinistra. Mettere in concorrenza la sanità privata con quella pubblica potrebbe sicuramente portare dei vantaggi in termini di efficienza e di produttività, ma in questo sistema si annidano rischi insidiosi che vanno a toccare la sfera dell’etica. Fino a che punto sarà produttivo o corrispondente ai livelli di efficienza programmata continuare a curare casi poco convenienti? Un esempio: in provincia di Frosinone la riabilitazione è tutta nelle mani dei privati-convenzionati, ebbene i reparti per i pazienti fino a 18 anni, i bambini e gli adolescenti, sono ben pochi e non sufficienti per trattare tutti i casi. Questo succede perché hanno preferito “investire” sugli anziani dal momento che rappresentano la parte numericamente più rilevante della popolazione. Poco importa se tanti bambini le cui famiglie non sono in condizione di andare a Roma o fuori regione, restano senza cure, quello che conta è essere efficienti e produttivi. Onde evitare che al primo posto venga messo il profitto e non il malato è necessario che la politica riacquisti il suo primato e faccia si uso di studi ed analisi realizzate con professionalità, ma il Presidente  Zingaretti deve ricordarsi che lui non è il Presidente di una società, bensì di una Regione e qualche differenza ovviamente c’è. 

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