Traffico di rifiuti in Campania, 32 persone arrestate
6 Maggio 2013Nelle prime ore della mattinata odierna, nell’ambito di un’articolata indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli — Direzione Distrettuale Antimafia, i Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Caserta hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dall’Ufficio GIP presso il Tribunale di Napoli nei confronti di 32 persone, gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla realizzazione di attività organizzate per il traffico di rifiuti.
L’attività investigativa – avviata nel dicembre 2011, condotta con l’utilizzo d’intercettazioni telefoniche e mediante numerosi servizi d’osservazione e controllo del territorio – ha permesso di documentare l’esistenza di tre contesti associativi operanti nella Regione Campania, in particolare nel napoletano, nel casertano, nel beneventano e nell’avellinese, ognuno con peculiari e proprie modalità . Si sono pertanto delineati tre distinti percorsi d’indagine, nel cui corso i Carabinieri hanno rilevato che le attività illecite avvenivano con una spontanea quanto efficace “spartizione” delle zone di competenza. Infatti, in piena logica commerciale, avveniva che gli indagati, senza che ciò derivasse da accordi diretti ma seguendo un criterio di opportunità , evitavano di operare invadendo l’uno il settore territoriale dell’altro. Di seguito, un breve excursus delle vicende riferibili ai tre profili dell’attività svolta.
Il primo profilo – più rilevante per il profitto illecito conseguito, per l’articolazione “consortile” palesatasi e per il raggio d’azione perfino internazionale – ha riguardato più imprese operanti nei territori Casertano e Napoletano, con importazione di rifiuti tessili, soprattutto dalla Germania, poi esportati all’estero (Bolivia, India, Tunisia ecc.) senza essere stati sottoposti a effettivo e oggettivo recupero, ovvero etichettati falsamente come merci recuperate, selezionate e igienizzate, come previsto dalle norme ambientali e sanitarie. Siffatto commercio, operato su vasta scala a seguito di operazioni soltanto fittizie, permetteva di abbattere i costi da sostenere per il recupero dei rifiuti, con conseguente ottenimento d’ingiusto profitto e influenza dell’andamento concorrenziale del mercato. In concreto, gli accertamenti effettuati dai Carabinieri hanno permesso di verificare che la “merce” venduta verso i Paesi “poveri” dell’America Latina, Asia e Africa, era frammista a rifiuti di ogni altra tipologia, quali escrementi, farmaci scaduti, cibi avariati e simili. Il secondo profilo – caratterizzato dall’operatività fittizia anche di associazioni ONLUS no pro fit – ha interessato per lo più imprese e associazioni operanti nella raccolta illecita dei rifiuti sul territorio campano. Le attività investigative hanno permesso di far affiorare la subdola attività attuata avvalendosi di associazioni Onlus nel cui statuto era testualmente evidenziato che: “il personale sarà costituito, ove possibile, interamente da soggetti diversamente abili e svantaggiati appartenenti alle fasce deboli sociali. I soggetti saranno destinati alle mansioni in funzione delle rispettive limitazioni funzionali al fine di favorire l’integrazione sociale e l’inserimento lavorativo specifico richiesto. La Cooperativa ha già contattato Amministratori e Funzionari comunali delle regioni Lazio e Campania e Molise, delegati alle problematiche dell’handicap, per avere un elenco di soggetti da formare per l’inserimento lavorativo nei progetti. La Cooperativa intende attuare interventi formativi per i futuri addetti dell’impresa”. Gli indagati, anche mediante segni e raffigurazioni rievocanti la carità cristiana, si celavano, inoltre, dietro l’opera umanitaria delle associazioni. Con tali espedienti, secondo l’ipotesi accusatoria, i predetti inducevano i Comuni a favorirli nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti, costituiti da indumenti post-consumo, o quanto meno ad assecondare la loro attività . In tal modo gli indagati acquisivano, di fatto, una sorta di “diritto di esclusiva” nella raccolta nei territori comunali e, quindi, dei successivi introiti, derivanti dalla commercializzazione dei rifiuti mai sottoposti a procedure di selezione, igienizzazione e recupero.
Il terzo profilo, infine, ha riguardato una confederazione di diversi nuclei familiari e soggetti a essi contigui, estranei a qualsiasi autorizzazione a operare nel settore dei rifiuti, unitisi con i mezzi a disposizione e attorno alle strutture familiari. Tali persone – molte delle quali in passato già colpiti da misure cautelari personali nell’ambito di procedimenti penali riguardanti violazioni della stessa natura – operavano nella raccolta e nel trasporto abusivi, nel recupero illecito, nello smaltimento o nella cessione di rifiuti tessili in generale, nel casertano e nel napoletano, perseverando nell’illecito nonostante le indagini intraprese nei loro confronti. In particolar modo, i rifiuti a seguito di sommaria selezione erano commercializzati, mentre tutti quelli non ritenuti idonei ad assicurare guadagni venivano illecitamente smaltiti mediante l’abbandono nei cassonetti per raccolta dei rifiuti urbani, ovvero in strada o in zone rurali.
Durante l’esecuzione dei provvedimenti sono stati inoltre effettuati i sequestri delle aziende e dei mezzi utilizzati dagli arrestati nella perpetrazione dei reati, per un valore complessivo ancora da quantificare con esattezza, superiore, comunque, ai 10 milioni di euro.