Da Giovanni D’Agata riceviamo e pubblichiamo:
È già su tutti i media nazionali ed internazionali la notizia, che non è una notizia se si è a conoscenza della situazione reale, che In Italia il tasso di disoccupati nel primo trimestre del 2013 è salito al 12,8% (+1,8% rispetto a 12 mesi prima) con oltre 3,2 milioni di persone senza un impiego. Lo dicono, quindi, anche i numeri dell’Istat su dati destagionalizzati e provvisori, che siamo già oltre il baratro.
A trainare questo dato in negativo è la disoccupazione giovanile e dei giovanissimi: per quelli riguardanti i giovani fra i 15 e i 24 anni la percentuale raggiunge il 41,9%, il massimo storico dal 1977 e un dato inferiore in Europa solo a quelli di Grecia (62,5%), Spagna (56,4%) e Portogallo (42,5%).
La situazione lavorativa varia da regione a regione: per le ragazze del Mezzogiorno, la quota di chi si trova costretta a casa ha raggiunto il picco del 52,8%.
Non va meglio nel resto dell’UE dove si è arrivati ad un altro traguardo negativo di quasi 20 milioni di senza lavoro
Allargando lo sguardo all’insieme dell’Eurozona, risulta un 12,2%, dato che rappresenta pure un nuovo primato. Fra i giovani i disoccupati sono il 24,4%. In base alle cifre dell’Eurostat, nei 17 paesi che hanno adottato la moneta unica in aprile erano senza un impiego 19,37 milioni di persone. Nell’intera Unione Europea, invece, è alla ricerca di un posto l’11% della popolazione attiva.
I paesi con i tassi più bassi sono Austria (4,9%), Germania (5,4%) e Lussemburgo (5,6%), mentre all’estremo opposto si trovano, oltre all’Italia, la Grecia (27%), la Spagna (26,8%) e il Portogallo (17,8%).
Alla luce di tali ennesime prove del fallimento delle politiche degli ultimi anni che hanno tutelato un’economia fatta di fumo perché rivolta alle banche e ai poteri finanziari, Giovanni D’Agata presidente e fondatore dello “Sportello dei Dirittiâ€, rivolge un ultimo appello al governo che ha pensato in maniera demagogica all’IMU per gettare un po’ di fumo negli occhi ai cittadini, senza avviare immediatamente misure strutturali per il lavoro e per rilanciare l’economia.