Da Giovanni D’Agata riceviamo e pubblichiamo:
Se n’era sentito parlare sul finire del primo decennio del duemila, ma poi il silenzio, almeno in Italia, nonostante purtroppo continua ad essere un fenomeno su larga scala ed in crescita.
Ha un nome poco familiare nel pubblico ma assai noto ai giovani, viene chiamato I-Doser, e si tratta di una droga virtuale, così almeno promettono numerosi siti che continuano a commercializzarla, perché si tratta di un tipo di “sballo”, fatto di musica o meglio suoni digitali in formato mp3, con i quali chiunque, specie gli adolescenti, possono “stonarsi” virtualmente, sparandosi nelle orecchie, per ore e ore, suoni particolari alla ricerca di effetti psichedelici.
Nasce negli Usa a metà del decennio scorso e si é diffuso in ogni continente, specie in Europa, e quindi anche in Italia dove é stato sostanzialmente sottovalutato nonostante alcuni timidi allarmi, per così dire “istituzionali”, lanciati sul finire del decennio scorso. A sollevare il problema circa il fenomeno era stato il Nucleo speciale frodi telematiche della guardia di finanza che avevano messo sotto la loro lente d’ingrandimento le community online, blog e forum, i luoghi divenuti le zone virtuali di “spaccio” della cyber-droga. Anche il Cnr se n’era interessato, pur rilevando che le “potenziali insidie sono ancora tutte da indagare”. Gli esperti del Centro Nazionale Ricerche che avevano iniziato a studiare il fenomeno avevano sostenuto che “A provocare il ‘trip’ sarebbero onde sonore, che si basano sull’effetto binaurale dei suoni, che stimola il cervello su frequenze bassissime, tra i 3 e i 30 Hertz (i cosiddetti infrasuoni), innescando le più diverse reazioni e sollecitando l’attività cerebrale in maniera anomala”. In particolare, Michelangelo Iannone dell’Istituto di scienze neurologiche (Isn) del Cnr di Catanzaro, in un’intervista rilasciata nel 2008 aveva rilevato che “Questi suoni a bassissima frequenza non vengono somministrati ‘tal quali’, ma sono il risultato della complessa tecnica dei ‘battiti binaurali’, che riesce a produrre una frequenza così bassa da due frequenze udibili, ma che posseggono una minima differenza. A titolo di esempio – aveva spiegato il ricercatore – la somministrazione di 500 Hertz da un lato della cuffia e 530 nell’altro”, insomma il ‘tecnologico sperimentatore di nuove sensazioni’, dovrebbe trovare il suo paradiso artificiale nella differenza di 30 Hz tra i due auricolari. A fare il resto é il web e soggetti senza troppi scrupoli, che attraverso i meandri digitali, utilizzano né più né meno le stesse tecniche dello “spaccio” che si trovano per le strade come per esempio avviene tradizionalmente per il commercio degli allucinogeni “comuni”. Un po’ di file offerti gratuitamente, per passare poi alla vera e propria vendita, con relative guide all’uso, del tipo “Come far funzionare una dose al 100%”.
Gli studi fatti dall’Isn-Cnr, erano stati sufficientemente eloquenti nel farci comprendere che questo fenomeno non poteva né può essere sottovalutato come aveva spiegato Iannone: “In particolare, abbiamo somministrato ad alcuni animali da esperimento una quantità minima di ecstasy, incapace da sola di determinare effetti neurologici, insieme con una ‘dose’ di suono a 95 decibel, il massimo consentito per legge nelle discoteche, riscontrando un potenziamento degli effetti dell’ecstasy. Non solo, aumentando la dose iniziale, abbiamo ottenuto un forte incremento dell’effetto che è durato cinque giorni”. Tale tipo di interazione, peraltro, é connessa alla potenza del suono, non alla sua frequenza. Vi é da precisare che già nel 2006 erano stati pubblicati dati scientifici a livello internazionale, ossia quando non si poteva immaginare che il fenomeno I-Doser, si sarebbe diffuso in maniera così esponenziale. Ed infatti, pur sottovalutata dalle istituzioni, esiste comunque una discreta letteratura scientifica internazionale che prova come queste onde abbiano un effetto sugli esseri umani ed in particolare tra i cosiddetti ‘binaural beats’ e sulle conseguenze sul sistema nervoso dell’ascolto di queste basse frequenze.
E se già nel 2008 i ricercatori del Cnr invitavano alla “prudenza” i giovani che rischiavano di cadere nel giro delle droghe in rete, oggi la situazione pare sia giunta al limite ed è necessario per Giovanni D’AGATA, fondatore dello “Sportello dei Dirittiâ€, un intervento delle istituzioni affinché probiscano la vendita o spaccio che dir si voglia di questo sballo virtuale che può causare effetti neurologici importanti sui fruitori e specie sugli adolescenti che in tal senso, sono le fasce più deboli ed esposte della popolazione.