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Flash Mob per l’incendio all’impianto preselezione CDR di ACEA A.R.I.A., i cittadini chiedono ……

Da Rete di tutela Valle del Sacco riceviamo e pubblichiamo.

 L’incendio del capannone di proprietà ACEA A.R.I.A. per la preselezione di CDR -Combustibile Derivato da Rifiuti- nell’ex area industriale Snia a Paliano (FR) ha lasciato senza risposta numerosi interrogativi tra i cittadini della Valle del Sacco, che si sono riuniti in un flash mob Colleferro nella piazza del Comune. La partecipazione è stata ampia nonostante la brevità del preavviso: un centinaio di persone, con una presenza massiccia dei cittadini di Colleferro e di alcuni dai comuni limitrofi. Questa iniziativa spontanea è stata organizzata in poco tempo utilizzando lo stesso social network che ha permesso il rilancio immediato di foto e video della nube nera che imperversava sulla Valle del Sacco.

Un dato evidente è che la cittadinanza attiva è stata molto più reattiva delle amministrazioni e ha avuto un ruolo importante nella divulgazione delle informazioni, aggiornate in tempo reale. I Comuni hanno lanciato tardivamente ordinanze precauzionali di prevenzione giunte ai più attraverso la Rete internet; quello di Colleferro addirittura dapprima si è giustificato dicendo che la colpa non era degli inceneritori – quindi il problema non esiste – e poi ha tranquillizzato tutti affermando che non c’era pericolo alcuno. Le foto a noi pervenute affermano il contrario e cioè che la nube era anche sopra le teste dei cittadini di Colleferro oltre che di Paliano, Anagni e supponiamo anche dei Comuni dell’Alta Valle.

I cittadini invece fanno lavorare il cervello e una delle proposte interessanti lanciate sul web è l’installazione di pannelli luminosi ambientali che potrebbero avere una molteplice funzione, oltre a quella di avvisare la cittadinanza nelle situazioni di emergenza: potrebbero aiutare la comunicazione in relazione alle numerose criticità a cui la Valle è interessata. Una sorta di Green Point, già utilizzato in altri città.

 Non dimentichiamo che nella Valle del Sacco insistono 21 aziende a rischio di incidente rilevante – legge Seveso Bis – sulle 69 della Regione Lazio; 7 solamente su Anagni, e non vogliamo nemmeno immaginare cosa sarebbe successo se l’incidente fosse avvenuto presso una di queste. Questo incidente non è dovuto a fatalità ma è il prodotto della gestione da  parte di ACEA di tutto il ciclo produttivo di trattamento del materiale per il CDR, che notoriamente è a rischio costante di incendio, e della totale mancanza di quei dispositivi che si debbono attivare per bloccare sul nascere ogni episodio di combustione. Si tratta di un impianto del quale da tempo erano state segnalate le inadeguatezze e la pericolosità in un sito prossimo all’abitato.

Non può essere assolutamente messa in dubbio la tempestività e l’operato dei Vigili del Fuoco di Frosinone, qualche perplessità rimane però su alcune dichiarazioni che sarebbe stato opportuno lasciare agli organi di competenza. Per quanto riguarda i certificati prevenzione incendi dello stabilimento sarebbe utile sapere se ne sia stata rispettata l’applicazione, visto che per questo tipo di impiantistica la logica, e a parer nostro anche la regola, impongono che un incendio non debba assolutamente propagarsi.

Inoltre si è percepita l’assenza di un coordinamento per l’emergenza in cui la Protezione Civile potrebbe avere un ruolo fondamentale, ma che nel caso specifico crediamo non ne sia stato chiesto l’intervento.

Per tornare alla Seveso Bis le aziende dovrebbero essere dotate di piani di emergenza come da normativa, ma cosa dire della rispondenza alla legge per quanto riguarda le competenze delle amministrazioni locali? Non ci risulta che gli articoli di legge siano rispettati. Tra di essi ad esempio ci sono la completa informazione alla cittadinanza sui rischi che può correre e sulle procedure da seguire in caso di incidente, le strade da lasciare libere o i punti di raccolta. Sfidiamo chiunque a renderci noto se è a conoscenza dei piani di emergenza esterni. Riteniamo oltremodo che la normativa attuale dovrebbe essere rivista ed integrare tra le aziende a rischio anche quelle legate al ciclo dei rifiuti. Ciò, secondo le nostre conoscenze, avviene per gli inceneritori relativamente alla sicurezza interna, ma non per gli impianti in cui i materiali risiedono e vengono lavorati, come ad esempio impianti di TMB, discariche, centri di raccolta.

 Riprendendo il discorso della nube tossica, ci piacerebbe sapere cosa abbiamo respirato nel tempo intercorso tra l’inizio del propagarsi dell’incendio e lo spegnimento, ipotizzabile in 7 ore, visto che molte persone dormivano con le finestre aperte a causa del caldo. L’ARPA Lazio sta monitorando solo ora le possibili ricadute di diossine, IPA e PCB sul luogo dell’incidente e attraverso le centraline di Anagni e Colleferro, ma non pensiamo riesca a determinare cosa possa essere successo nel tempo predetto. Una possibile informazione, su Colleferro, si sarebbe potuta ottenere se, come da accordo di gestione degli inceneritori stipulato tra Comune e Gaia, fosse stata installata la centralina di rilevamento per le ricadute al suolo a carico della gestione degli impianti.

 Tornando alle ricadute in molti si domandano se ora è possibile usufruire dei prodotti dell’area, viste le situazioni pregresse di contaminazione diffusa che si stava cercando di risolvere anche per un rilancio del comparto agricolo. Il consiglio è di attendere le risposte dei risultati del monitoraggio, nel frattempo però l’Amministrazione di Anagni, sempre in via precauzionale, interdice l’utilizzo di prodotti derivanti dalla coltivazione locale entro un raggio di 500 mt. dall’impianto ACEA. Ricordiamo che vige ancora un’ordinanza dello stesso Comune per un raggio di 500mt. dall’impianto di incenerimento pneumatici di proprietà Marangoni. I commenti sono superflui anche perchè è di ieri la notizia che tre dirigenti Marangoni sono indagati a piede libero per immissione in atmosfera di sostanze non autorizzate.

 A Colleferro l’amministrazione ha ritenuto opportuno non applicare nessuna ordinanza, dietro rassicurazioni degli organi competenti, tenendo conto però che alcuni di loro ora stanno effettuando rilievi attraverso le centraline locali. La domanda che ci poniamo è: se ora si ritiene opportuno verificare possibili ricadute, non è logico che qualcosa si sarebbe dovuto fare mentre la nube nera circolava liberamente nella Valle del Sacco? Le foto che numerosi cittadini hanno scattato parlano chiaro e dall’alto la percezione è che l’area interessata fosse molto diffusa.

Chiediamo a chi ha realizzato foto o video di inviarle al nostro indirizzo mail retuvasa@gmail.com in quanto è nostra precisa intenzione depositare al più presto un esposto alla Procura di Frosinone documentandolo con testimonianze.

Un esposto al momento ci sembra la miglior via percorribile per giungere ai responsabili del disastro a far pagare loro questo ennesimo scempio perpetrato al nostro territorio.

 Invitiamo tutti a mantenere alta la guardia e a riferire qualsiasi anomalia di carattere ambientale.

 Nei prossimi giorni grazie all’impegno di quanti hanno dato vita al flash mob si terrà una assemblea nella quale cittadini ed associazioni condivideranno le informazioni e le decisioni sulle iniziative da intraprendere, prioritariamente per un’azione diretta sulla chiusura definitiva dell’impianto di Castellaccio e una bonifica dell’ex area industriale lasciata nell’incuria per anni.

 

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