Alla FIAT di Cassino si va avanti a colpi di cassa integrazione ed ormai siamo consapevoli, ma non rassegnati, di dover vivere questo stillicidio. Le nuove produzioni, come sanno bene coloro che la fabbrica la conoscono, non si improvvisano. Realizzare un nuovo modello auto richiede prima strategia commerciale, poi progettualità , infine adeguamento delle linee di produzione. Sono fasi di un processo che rientra nel corpo delle strategie aziendali di business ed una multinazionale come FIAT non naviga a vista, tutt’altro, come è giusto che sia. Peccato che in queste strategie non si sa bene quale sia il ruolo giocato dagli stabilimenti italiani. Forse il nostro Paese non dà ancora abbastanza fiducia ai vertici FIAT? Forse in questo momento di crisi dell’auto preferiscono restare fermi e “sfruttare” i vantaggi che la  cassa integrazione comporta nel conto economico dell’azienda? Le ipotesi possono essere tante, ma tanta incertezza si scontra con una situazione che ormai ha valicato i confini dello stabilimento ed è diventata una questione sociale: 3900 lavoratori, per menzionare solo i diretti senza l’indotto,  che devono vivere con 800 € mensili pongono seriamente il problema di come si possa vivere al di sotto della soglia di povertà . Ormai il tema comincia ad essere questo: la povertà nel Cassinate, una povertà di cui dobbiamo farci carico tutti. A FIAT non si chiede altro che di fare impresa in modo serio e responsabile perché se gli operatori di Cassino sono così bravi da essere spediti in trasferta in tutti gli altri stabilimenti esteri per “insegnare” a fare auto, allora vuol dire che questo stabilimento ha tutte le potenzialità per continuare ad essere uno stabilimento d’eccellenza degno di produrre auto di elevata qualità e magari innovative. Servirebbero strategia e progettualità ,  ma forse prima ancora servirebbe la voglia di restare qui, in Italia, nel Bel Paese che tanto ha dato a FIAT. Ma non è riconoscenza che oggiAggiungi un appuntamento per oggi chiede questo territorio, chiede rispetto, quello si, il rispetto verso migliaia di lavoratori che nonostante tutto sono ancora fieri di essere in FIAT. Fino a quando?Â
Â