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Al Sud la “maglia nera” per la corruzione nella Sanità

Da Giovanni D’Agata riceviamo e pubblichiamo: Uno studio condotto da Transparency International Italia, in collaborazione con Rissc e Ispe-Sanità ha raccolto numerosi dati sulla corruzione nell’ambito della Sanità anche se non è possibile quantificare con precisione il fenomeno. Certo è che alberga ovunque, a qualsiasi livello, dal direttore all’azienda di pulizia. In particolare, le indagini da parte delle forze dell’ordine per arginare il fenomeno, si sono fatte sempre più complicate poiché negli ultimi anni la corruzione è diventata molto più sofisticata. Infatti non l’imprenditore che consegna la valigia piena di soldi al direttore generale della Asl non si riesce sorprenderlo più, né tanto meno l’informatore scientifico dell’azienda farmaceutica che fa avere regali e favori al primario o al medico, finte consulenze, benefici fiscali tutte modalità che rendono più difficile intercettare il reato di corruzione.

Nel 2012 solo quattro regioni sembrano esserne state immuni, o aver registrato al massimo due casi di corruzione. Per tutte le altre si va da un minimo di 2 ad un massimo di 10, con in cima a questa poco onorevole classifica la Campania, con oltre 10 casi. La seguono a ruota Calabria, Puglia e Sicilia con 8-10 casi e Lombardia e Umbria con 6-8. Tra gli 87 casi rilevati, dallo studio, nel 2012, sulla base dei casi denunciati, le indagini aperte, i processi iniziati o chiusi, oasi ‘pulite’ appaiono essere solo 4 regioni, cioè Val d’Aosta, Trentino Alto-Adige, Friuli Venezia Giulia e Basilicata. In mezzo ci sono Piemonte, Liguria, Marche e Abruzzo con 2-4 casi, e infine Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Molise e Sardegna con 4-6 casi.

In termini strettamente economici, per valutare l’entità della questione basti pensare che la ‘Rete europea contro le frodi e la corruzione nel sistema sanitario’ ha stimato che in Europa il 5,6% del budget per la sanità sia assorbito dalla corruzione. A rendere più difficile la lotta alla corruzione vi sono anche delle caratteristiche proprie del reato in sé, e in particolare nella sanità. “Il reato corruttivo, si legge nel rapporto, è un accordo tra persone, in cui nessuno ha interesse a denunciare, e dove non ci sono vittime dirette, né una conseguenza immediata. Ad esempio probabilmente non si sarebbe scoperto il caso della fornitura di valvole cardiache difettose se non fosse morto qualche paziente. E’ quasi impossibile calcolare il danno indiretto, senza contare che c’è la commistione con altri fenomeni. Le inefficienze in sanità rappresentano il 3-5%, ma all’interno di queste cifre non si può stabilire quanto sia rappresentato dalla corruzione. Non si può scindere insomma lo spreco dalla corruzione”. Poi ci sono caratteristiche del mondo sanitario che rendono ancora più difficile l’emersione dei fenomeni corruttivi, come il fatto che avvengono in strutture molto grandi, con migliaia di dipendenti e prestazioni erogate, dentro cui è facile nascondere operazioni poco pulite.

I casi di corruzione analizzati da Transparency Italia rientrano in cinque categorie: nomine, farmaceutica, appalti di beni e servizi, sanità privata e negligenza medica. Nel primo caso lo studio rileva come la politica usi la sanità come serbatoio e spartizione di voti. Qui le merci di scambio sono la nomina a direttore generale, sanitario o primario in cambio di voti e finanziamenti. “E’ la corruzione più dannosa perché mina l’implementazione delle politiche sanitarie”.

La corruzione più diffusa è invece quella che riguarda i farmaci: in questo caso in cambio della scelta di un farmaco da parte di uno studio medico, un ospedale o una asl, la ricompensa è costituita da regali, macchinari, finanziamenti. La corruzione più costosa è quella degli appalti di beni e servizi, visto che rappresentano il 20-30% dei bilanci sanitari. In questo caso il beneficio viene elargito per avere l’appalto con gare tagliate su misura, trattative negoziali, abuso della contrattazione diretta, o anche in fase di fornitura, dando servizi di qualità e prezzo minore rispetto a quanto promesso nel capitolato d’appalto. “Oppure le aziende pagano per essere pagate prima delle altre dalla pubblica amministrazione, senza contare il rischio di infiltrazione mafiosa, specialmente nei servizi di bassa specializzazione, come le pulizie o la vigilanza”.

Altro fenomeno anche se non è stato radiografato dal rapporto, secondo Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” è quello dell’abusivismo: casi di persone che svolgono attività senza i necessari requisiti. Le stime degli ordini professionali parlano di circa 30.000 abusivi, di cui 15.000 falsi dentisti, mentre i controlli dei Nas parlano, per il 2009, di 1.170 persone denunciate per esercizio abusivo della professione medica, di cui la metà falsi odontoiatri. Anche il settore infermieristico non è esente dal fenomeno, come confermano i dati dei Nas del biennio 2010/11 che segnalano 1.023 casi di abusivismo tra gli infermieri.

Il problema della corruzione si è certamente esacerbato con l’imperversare della crisi e in particolare dei pagamenti delle aziende sanitarie, sempre più in ritardo e quindi inevitabilmente esposte al rischio di scelte discrezionali circa le priorità di pagamento.

La corruzione nella sanità privata è invece giudicata quella più pericolosa per la salute del cittadino. In questo caso si cerca di intervenire sugli accreditamenti, i drg o modificare il valore delle prestazioni, senza dimenticare che anche qui si annida il rischio di infiltrazioni mafiose, con il riciclaggio di denaro sporco con cui magari vengono acquisite intere cliniche. Infine la negligenza medica: qui la corruzione è meno rilevante economicamente, ma più iniqua, perchè limita l’accesso alle cure in base alle possibilità economiche del paziente. Per cercare di arginare il fenomeno in qualche modo, Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” propone di puntare i riflettori sul tema della legalità in ambito sanitario per estirpare il fenomeno della corruzione e arginare gli effetti negativi, sia economici che sociali. Un tema che ‘merita attenzione perché nel settore sanitario e sociale la corruzione produce effetti non solo economici, in particolare sulle finanze pubbliche, ma anche sulla salute della popolazione: riduce l’accesso ai servizi, soprattutto tra i più vulnerabili; peggiora in modo significativo, a parità di ogni altra condizione, gli indicatori generali di salute ed è associata a una più elevata mortalità infantile’.

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