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TEATRO – “Ladro di Razza”

(Recensione di Paolo Leone)

Grazia, delicatezza, realismo, poesia, leggerezza e profonda riflessione. Un acquerello dai colori tenui, pur tratteggiando uno spaccato di vita dura, drammatica. Questa è la forza, la caratteristica primaria di un grande commediografo come Gianni Clementi, non a caso uno dei più apprezzati in Europa, che si conferma nel bellissimo spettacolo “Ladro di razza”, in scena al Teatro Ghione di Roma. La storia di tre esistenze che tentano di sopravvivere nelle ristrettezze di una Roma, nel 1943, in mano ai tedeschi. Il simpatico truffatore Tito (un superbo Massimo Dapporto), appena uscito da Regina Coeli, per sfuggire alle grinfie del fantomatico usuraio “Atto de dolore”, chiede rifugio nella baracca in cui vive il suo amico Oreste (Blas Roca Rey), umile operaio delle fornaci di Valle Aurelia. Senza alcuna voglia di trovare un lavoro, escogita strampalati espedienti per rimediare il denaro da restituire al violento “strozzino”, regolarmente
destinati al fallimento. Il caso, poi, fa sì che il furfante incontri Rachele (Susanna Marcomeni), dirigente delle fornaci in cui lavora l’amico, ricca zitella ebrea che vive in un lussuoso appartamento del ghetto di Roma. Ingolosito dalle ricchezze a facile portata di mano, il fascinoso Tito escogita un piano per risolvere tutti i suoi problemi: far innamorare la donna, ottenere la sua fiducia per poi derubarla di tutti i suoi averi. Riesce ad entrare nelle sue grazie, diventa di casa, tutto è pronto per il grande colpo. E’ l’alba del 16 ottobre 1943, i nazisti irrompono nel ghetto…Tito ha, forse per la prima volta nella sua vita, un sussulto di coscienza.
Non sveliamo del tutto, come sempre, il finale, ma la commedia ci lascia una tale sensazione di grazia, di bellezza nella sua scrittura, che quasi diventa irrilevante. Massimo Dapporto si conferma un fuoriclasse, la Marcomeni riesce ad essere drammatica ed esilarante, Blas Roca Rey è l’anima buona della storia e riesce a interpretarla con una naturalezza impressionante. La comicità non è mai fine a sé stessa e i tre personaggi riescono ad esprimere tutta la loro umanità, tanto da farci ridere e commuovere profondamente. Manna per il teatro.
“Ladro di razza”, che avevamo visto un paio di anni fa con altri interpreti, ribadisce l’assoluto valore di Gianni Clementi, penna preziosa della drammaturgia italiana.

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