Da Giovanni D’Agata riceviamo e pubblichiamo:
Anche l’immigrato extracomunitario senza carta di soggiorno ha diritto all’indennità di accompagnamento. A sottolineare l’importante decisione giurisprudenziale è Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti†nel riportare l’ordinanza 26380 pubblicata il 26 novembre 2013 dalla Corte di cassazione che, ha rigettato il ricorso dell’Inps contro una sentenza della Corte d’appello dell’Aquila che aveva riconosciuto il diritto alla pensione di inabilità e dell’indennità di accompagnamento ad uno straniero senza il permesso di soggiorno di lungo periodo.
A nulla vale l’opposizione dell’Inps che senza prendere atto del precedente intervento della Corte Costituzionale si ostinava in non rari casi a negare il beneficio in casi analoghi, probabilmente per tentare un effetto dissuasivo per evitare che migliaia di cittadini stranieri si presentassero a patronati e medici di base per chiedere di ottenere il beneficio in questione pur in assenza di una carta di soggiorno che oggi, si ricorda è stata sostituita col permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.
Sulla scia di quanto detto e confermando gli assunti dei giudici dell’appello, quelli della sesta sezione civile della Suprema Corte, hanno ricordato che «è costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., l’art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell’assegno mensile di invalidità di cui all’art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118».
«Il suddetto assegno – attribuibile ai soli invalidi civili nei confronti dei quali sia riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa di misura elevata ed erogabile in quanto il soggetto invalido non presti alcuna attività lavorativa e versi nelle disagiate condizioni reddituali stabilite dalla legge per il riconoscimento della pensione di inabilità – costituisce una provvidenza destinata non già ad integrare il minor reddito dipendente dalle condizioni soggettive, ma a fornire alla persona un minimo di sostentamento, atto ad assicurarne la sopravvivenza».
Peraltro, gli ermellini rilevano che, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, «in tema di provvidenza destinata a far fronte al sostentamento della persona, qualsiasi discrimine tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi dalle condizioni soggettive, finirebbe per risultare in contrasto con il principio di non discriminazione sancito dall’art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Pertanto, la norma in questione, che interviene direttamente e restrittivamente sui presupposti di legittimazione al conseguimento delle provvidenze assistenziali, viola il limite del rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali imposto dall’evocato parametro costituzionale, poiché discrimina irragionevolmente gli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato nel godimento di diritti fondamentali della persona riconosciuti ai cittadini».
La conclusione è che anche per la Cassazione, «il cittadino straniero, anche se titolare del solo permesso di soggiorno, ha il diritto di vedersi attribuire l’indennità di accompagnamento, la pensione d’inabilità e l’assegno d’invalidità , ove ne ricorrano le condizioni previste dalla legge, essendo stata espunta, per effetto delle pronunce della Corte costituzionale n. 306 del 2008, n. 11 del 2009 e n. 187 del 2010, l’ulteriore condizione costituita dalla necessità della carta di soggiorno, in quanto, se è consentito al legislatore nazionale subordinare l’erogazione di prestazioni assistenziali alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata, quando tali requisiti non siano in discussione, sono costituzionalmente illegittime, perché ingiustificatamente discriminatorie, le norme che impongono nei soli confronti dei cittadini extra Europei particolari limitazioni al godimento di diritti fondamentali della persona, riconosciuti ai cittadini italiani».