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Camorra, arrestati i fratelli Chianese. sono accusati di aver avvelenato falde acquifere

Continua l’offensiva dello Stato alla Camorra e, ieri, sono stati assicurati alle patrie galere due esponenti di spicco dei Casalesi. Si tratta di coloro che sembrano essere i ministri del trasporto e dell’ambiente del clan. I loro nomi sono stati al centro di una articolata indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia, personale del Centro Operativo D.I.A. di Napoli che ha dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Napoli. Ai due indagati è contestato il delitto di estorsione aggravata dal metodo camorristico.
Avrebbero costretto i titolari di una società attiva nel settore dei trasporti a cedere le quote e la gestione della società ai precedenti titolari di fatto, agendo con modalità mafiose ed avvalendosi della forza intimidatrice promanante dalla partecipazione al sodalizio dei Casalesi.
Uno dei destinatari del provvedimento restrittivo è Cipriano Chianese, attualmente sottoposto agli arresti domiciliari. Il Chianese, imprenditore operante nel settore dei rifiuti, è imputato – nel processo in corso di celebrazione innanzi alla Corte d’Assise di Napoli – per il delitto di avvelenamento delle falde acquifere, disastro ambientale, delitti finalizzati ad agevolare il sodalizio dei Casalesi nonché associazione di tipo mafioso ed estorsione.
Secondo quanto emerge dall’ordinanza notificatagli in data odierna, nei sui confronti è risultato un grave quadro indiziario quale mandante, regista e, insieme ad altri, parziale esecutore delle attività delittuose che nel dicembre 2005 portarono alla cessione delle quote della suindicata società di trasporti e del relativo complesso aziendale a Francesco Chianese, fratello dello stesso Cipriano.
L’attività investigativa svolta dalla DIA di Napoli unitamente all’attività di analisi delle dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia hanno permesso di palesare come operazioni societarie di cessione e di retrocessione di quote sociali, concretizzatesi in modo anomalo nell’arco di soli due mesi, celassero, in effetti, un’azione estorsiva, commessa con modalità mafiose in danno dei formali acquirenti delle quote sociali. Azione estorsiva che si concretizzava progressivamente, dapprima in minacce verbali, poi nella prospettiva di un intervento dei vertici dell’organizzazione camorristica dei Casalesi e, infine, con l’imposizione agli stessi di recarsi, “garantendogli l’incolumità”, in una località del casertano per sottoscrivere la retrocessione delle quote sociali in favore di Francesco Chianese.
Della vicenda riferiva, come si è già detto, un collaboratore di giustizia, già affiliato alla suddetta organizzazione camorristica, le cui dichiarazioni – analizzate in relazione agli esiti di precedenti attività investigative (escussioni testimoniali, intercettazioni, acquisizioni documentali) in precedenza non compiutamente interpretabili – portavano alla riapertura delle indagini archiviate nel 2011.

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