Al quarto scrutinio, come nelle previsioni, il Parlamento in seduta comune, con 665.voti favorevoli e 105 schede bianche ha eletto Sergio Mattarella, settantatré anni, nuovo Presidente della Repubblica Italiana, che sostituirà Giorgio Napolitano al Quirinale. Sul suo nome oltre ai voti dei grandi elettori del Partito Democratico, che lo ha proposto fra un mare di polemiche con Berlusconi, anche quelli di Sel, dei Centristi e nelle ultime ore del Nuovo centro destra di Alfano. Il suo nome è legato principalmente al Mattarellum, la legge elettorale che nel 1994 avrebbe dovuto traghettare l’Italia verso la seconda Repubblica e che l’ha condotta invece, secondo i critici più feroci, nelle sabbie mobili del berlusconismo. Proprio quella legge avrebbe adulterato a tal punto il sistema maggioritario invocato dagli italiani con le battaglie referendarie cominciate nel 1991, tanto da asservirlo con la quota proporzionale alle esigenze di sopravvivenza del vecchio ceto politico. Un’opera di fine cesello, da grande artista del diritto parlamentare che, seppellite le ragioni del rinnovamento esplose con Tangentopoli, avrebbe portato poi all’imperversare della Casta e al Porcellum. Sergio Mattarella non è solo ricordato per gli effetti discutibili della sua legge, ma anche per la vicenda sull’uranio impoverito, di recente rilanciata dal blog di Grillo. Una vicenda oscura, ma soprattutto priva di riscontri nelle dichiarazioni pubbliche, quando Mattarella era ministro della Difesa nel governo D’Alema. Nelle ricostruzioni di stampa di questi giorni, infatti, Mattarella negava con ostinazione sia l’uso di munizioni all’uranio impoverito da parte della Nato in Bosnia e Kosovo, sia il possibile legame tra l’uso massiccio di questi proiettili e l’insorgere di leucemie e linfomi tra i militari italiani che erano stati in missione nei Balcani. Smentito, per fortuna, anni dopo dai risultati della Commissione medica d’indagine sulla correlazione fra patologie ed uso di uranio impoverito . Di lui in questi giorni, però, si ricordano solo le dimissioni da ministro in disaccordo con l’approvazione della ‘Legge Mammì’, facendone a detta di molti, un “uomo dalla schiena dritta”, e del suo incarico di giudice costituzionale, tralasciando gli aspetti oscuri della sua azione politica e di esponente in vari governi.
Chi è Sergio Mattarella
La famiglia Mattarella, gratificata da folgoranti carriere costruite sull’orgoglio democristiano, ma colpita anche da lutti e terribili sospetti. Una tradizione che inizia con il padre Bernardo, tra i fondatori della Dc, vicesegretario nazionale del partito nel 1945, eletto nel 1946 nell’Assemblea costituente, ministro e più volte sottosegretario nei governi De Gasperi. Un percorso politico macchiato dai sospetti sui rapporti con gli esponenti della vecchia mafia siciliana da lui traghettati, secondo alcuni storici, dalla militanza monarchica e separatista sotto le insegne della Dc lanciata nell’occupazione del potere e nella conquista delle istituzioni. Sospetti terribili che nei decenni successivi hanno consentito a gente come Claudio Martelli di accusare il capostipite di collusione con la mafia. Eppure, i democristiani hanno sempre difeso Bernardo. Per Sergio Mattarella, però, dopo il colpo terribile della tragedia di Piersanti, comincia la rincorsa, prima come professore di diritto parlamentare all’università di Palermo, poi con la militanza nella corrente di Aldo Moro, entra in Parlamento la prima volta nel 1983. Quattro anni dopo, il balzo nel governo alla guida del ministero dei Rapporti con il Parlamento, prima nell’esecutivo De Mita poi in quello Goria. Un’esperienza che rivelerà il suo carattere freddo. Cambiano i governi, Mattarella resta in sella. Con il sesto esecutivo Andreotti trasloca al ministero della Pubblica istruzione. Incarico che rivestirà fino alle dimissioni, clamorose, rassegnate insieme ad altri ministri della sinistra Dc per protestare contro l’approvazione della legge Mammì, proprio la legge voluta da Bettino Craxi, Andreotti e Arnaldo Forlani (il famoso Caf) che ha gettato le fondamenta sulle quali Silvio Berlusconi ha edificato il suo impero televisivo. Il padrone del Biscione e futuro leader di Forza Italia non la prese bene: le sue resistenze attuali al nome di Mattarella originano forse proprio da quella vicenda, che non fu l’unica nella quale il politico siciliano espresse la sua avversione nei confronti dell’ex Cavaliere di Arcore. Direttore de Il Popolo, organo della Democrazia cristiana, dal 1992 al 1994, tra i traghettatori della Dc verso il Partito Popolare. Mattarella rimase coinvolto in una vicenda che gli costerà un procedimento penale per finanziamento illecito. La vicenda riguardava una busta contenente tre milioni di vecchie lire in buoni benzina recapitatagli dall’imprenditore agrigentino Filippo Salamone, considerato dalla magistratura siciliana l’erede di Angelo Siino, il “ministro†dei lavori di Totò Riina. Mattarella si difese dalle accuse sostenendo di aver accettato quel regalo di “modesto valore†e di aver distribuito i buoni carburante ai suoi collaboratori. Il processo è andato avanti per un decennio e si è concluso con l’assoluzione: “perché il fatto non sussisteâ€. Nel frattempo, Sergio Mattarella ha il tempo per inanellare una carriera invidiabile che ne fa uno degli esponenti più in vista della classe dirigente post-democristiana: battezza il Mattarellum, torna al governo con D’Alema nel 1998 assumendo la carica di vicepresidente del Consiglio e poi quella di ministro della Difesa. E’ tra i fondatori della Margherita e resta in Parlamento fino al 2008. Poi la nomina a giudice costituzionale e ora unico ed ideale candidato Pd a sostituire Giorgio Napolitano al Colle, come dodicesimo Presidente. Dopo un comunista, oggi il nuovo inquilino del Quirinale torna ad essere un ex democristiano.
F. Pensabene