Sono trascorsi dieci anni dall’istituzione della “Giornata del Ricordo†per ricordare una data, il 10 febbraio, terribile per la storia del nostro Paese, il ricordo di una pagina tra le più cupe della storia contemporanea, avvolta a lungo nel silenzio e nel buio, come le tante vittime, inghiottite nelle cavità carsiche, le cosiddette foibe, per volere del maresciallo Tito e dei suoi partigiani, in nome di una pulizia etnica che doveva annientare la presenza italiana in Istria e Dalmazia. Fra il 1943 e il 1947 oltre 10 mila persone furono gettate vive o morte in queste gole, un genocidio che non teneva conto di età , sesso e religione, riconosciuto ufficialmente nel 2004, con la legge numero 94 che istituì la «Giornata del ricordo», in memoria dei martiri delle Foibe e dell’esodo giuliano dalmata. La spirale di violenza esplode dopo la firma dell’armistizio, l’8 settembre del 1943: mentre le truppe tedesche assumono il controllo di Trieste, Pola e Fiume, il resto della Venezia Giulia passa nelle mani dei partigiani slavi, che si vendicano contro i fascisti e gli italiani, considerati possibili oppositori del regime comunista e dell’annessionismo jugoslavo. Il 13 settembre 1943, nel comune di Pisino, viene proclamata unilateralmente l’annessione dell’Istria alla Croazia e i partigiani dei Comitati di liberazione improvvisano tribunali che emettono centinaia di condanne a morte.