“Parlarne fa sempre bene”. Giampaolo Balsamo, cronista della Gazzetta del Mezzogiorno e scrittore, ha ricordato gli ultimi episodi di cronaca che hanno visto protagonista un uomo e una donna, il primo come carnefice, la seconda come vittima.
Ieri, nella sala rossa del castello di Barletta è stato presentato il libro “Mi chiamo Beba” di Palma Lavecchia, capitano dei carabinieri, originaria proprio di Barletta.
La storia di Benedetta romanzata nel libro di Lavecchia scorre in un filone di violenze e maltrattamenti costruita dall’autrice grazie alla sua esperienza professionale. “Con una scrittura leggera ha saputo affrontare un argomento scottante come la violenza di genere”. Così ha definito il romanzo l’avvocato Pina Chiarello che sul palco rappresentava l’ADGI di Bari insieme Olga Mascolo presidente dell’associazione Tukè.
Tutti d’accordo che “Mi chiamo Beba” fornisce spunti di riflessione utili per affrontare e cercare soluzioni al problema della violenza sulle donne. Ed infatti, il racconto scorre piacevolmente lasciando nella consapevolezza del lettore il senso di impotenza che prova una donna costretta a vivere un rapporto coniugale malato, basato sul tentativo inizialmente riuscito di annichilimento della donna fatto dal coniuge. Il finale di speranza, però, restituisce alla protagonista il suo ruolo di donna e anche di madre.
“Tante le domande che sorgono sull’argomento – Ha detto l’autrice – una è: esiste una predisposizione ad essere carnefice ed esiste una propensione ad essere vittima? Evidentemente si dato che ognuno di noi è figlio di un passato”. Nel senso che spesso, o quasi sempre, ci si porta dietro gli esempi dei genitori.
Cosa fare, quindi? Bastano le leggi? “Certamente no – ha sostenuto l’autrice – serve un cambio culturale. Ma non solo, credo inoltre che i carnefici, o meglio, gli uomini che si sono macchiati di violenze sulle donne, spesso hanno bisogno non solo del carcere, ma anche di un percorso terapeutico”.
“È un libro che rompe il silenzio – ha detto il Vicesindaco di Barletta, Annetta Rizzi Francabandiera che ha rappresentato l’amministrazione comunale, tra l’altro tra i patrocinanti del libro – Perchè una donna resiste al denunciare? Ma per amore dei figli, per la paura di essere giudicate, con una famiglia, che troppo spesso tenta di nascondere. Credo che il libro vada letto anche nelle scuole perché faccia riflettere la società e sui modelli che essa segue. La conoscenza è la miglior forma di prevenzione e se uno sa, deve anche saper trasferire la sua conoscenza”.
L’assessore, inoltre, annuncia l’iniziativa di aprire uno sportello, o incrementare il centro antiviolenza, che prima era di competenza della provincia ma con la cui chiusura, tale competenza torna alle amministrazioni comunali. “Serve un interlocutore che possa insegnare alle mamme, o anche alle nonne, nei momenti in cui leggono atteggiamenti sospetti di figli o nipoti, di non fare finta di non aver letto”. L’avvocato Olga Mascolo
Ha detto che la bellezza del romanzo è un prodotto d’arte che riesce a veleggiare in una realtá di violenza che appartiene purtroppo a tanti.
L’avvocato Chiarello ha sostenuto inoltre che “La galera per i carnefici da solo non basta ma se già vi fosse la certezza della pena, certamente sarebbe una buona cosa. Spesso un carnefice ha bisogno di aiuto come la sua stessa vittima, spesso pensiamo ai centro di ascolto per le donne, ma forse se ve ne fossero anche per gli uomini servirebbero per prevenire”. La bravura dell’attrice professionista Michela Di Viccaro alla lettura di alcuni brani ha dato vita ai protagonisti principali del romanzo. Anche a Barletta, cosà come già accaduto a Lanciano, a Giulianova, a Scerni e come accadrà a Gaeta lunedi pomeriggio, l’artista Francesca Colacioppo, ha esposto i suoi quadri realizzati ispirandosi al circo e a quanta sofferenza degli animali c’è dietro al divertimento degli spettatori.