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Tsipras come Leonida alle Termopili tiene inchiodati sull’ultima spiaggia le armate di banche e Stati aguzzini

di Max Latempa

La piccola Grecia, calpesta e derisa, minacciata e circondata, strettasi a coorte, resiste.

Come Leonida alle Termopili, Alexis Tsipras tiene inchiodati sulla spiaggia, l’ ultima, le armate delle banche e degli Stati aguzzini, dei capi di stato al soldo dei finanzieri, avidi di portare a compimento il saccheggio dei forzieri rupestri delle Polis, dalla Macedonia al capo Matapan del Peloponneso.

Come avvoltoi da mesi volteggiano sui forzieri, vuoti, o pieni di debiti da restituire maggiorati di interessi vergognosi.

Yanis Varufakis è il ministro che ha fatto saltare il banco, affrontando prima la Troika, poi tutti i soldatini incravattati che si sono succeduti armati di minacce di tutti i tipi. Guai se la Grecia non avesse rimborsato il prestito al Fondo Monetario Internazionale entro il 5 giugno.

La Grecia non ha pagato. Varufakis è il luogotenente di Tsipras, furbo come una volpe, deciso come una spada che penetra nel burro, esasperante come Fabio Massimo Cunctatore.  Indifferente ad ogni minaccia, provocazione, insulto, vestito della sua sola Sovranità Nazionale, rintuzza e spiazza da mesi i faccendieri teutonici schiavi delle loro plusvalenze e scadenze.

La Grecia ha già dato. Ora, se volete anche il sangue, venitevelo a prendere.

Come il gobbo Efialte tradì Leonida, bisognerà prima o poi fare i conti anche con tutti coloro che hanno venduto la Grecia alle banche, all’ Euro, al Fondo Monetario. I Greci sono colpevoli di aver eletto in passato dei politici ladri che hanno saccheggiato il Paese. Tsipras dovrà affrontare i traditori e recuperare il malloppo custodito nei caveaux della perfetta Svizzera. Ma ora deve difendere il suo popolo dalla miseria. Pensioni a 400 euro al mese, disoccupazione galoppante e sanità alla canna del gas. Ma i creditori vogliono riforme, garanzie e tagli. E rivogliono i soldi che hanno prestato a strozzo, ben sapendo il rischio altissimo che correvano.

La battaglia in corso è più importante di quel che si possa pensare.  Se cade la Sovranità della Grecia, cade il portone del Castello della Democrazia. E le orde di speculatori e tagliagole si riverseranno per le strade e nelle case della nostra libertà, dei nostri risparmi, del nostro futuro. Se la Grecia terrà, avremo salvato la nostra condizione di cittadini liberi ed il primato della Democrazia sulla Finanza. La Grecia è l’ Italia, la Spagna, il Portogallo, la Francia. Tsipras siamo noi. E lui è con i trecento su quella spiaggia. Da solo.

L’ Italia non sta pressando la Grecia per i soldi prestati. Ma neanche lotta fianco a fianco per tenere su il portone. Una faccia una razza, dicono di noi i greci. Ma la nostra faccia ha la smorfia dell’ indifferenza.

I tedeschi invece sono molto accaniti. La Merkel e i suoi scagnozzi, un giorno si e l’altro no, dichiarano la Grecia dentro o fuori dalla Ue e dall’ Euro, come se gli altri 25 membri dell’ Unione fossero solo spettatori non paganti.

Poi si viene a sapere che, a marzo, la Deutsche Bank non ha passato lo stress test e che i due amministratori, Jain e Fitschen, sono dimissionari. La banca ha dovuto prima aumentare il capitale di 1,5 miliardi di Euro, poi ha dovuto frettolosamente annunciare emissioni di titoli azionari per 8 miliardi con sconti fino al 30%.  Poi ha dovuto anche pagare una multa salata in seguito allo scandalo della manipolazione del LIBOR. L’istituto ha dovuto sborsare 2,1 miliardi di dollari al Dipartimento di Giustizia Usa, ma è una somma relativamente bassa se confrontata con i guadagni intascati grazie alla distorsione artificiale dei mercati.

Standard & Poor’s ha tagliato il giudizio sul credito di Deutsche Bank a BBB+, solo tre tacche sopra il livello di spazzatura. BBB+ era il rating della Lehman Brothers prima del crac.

Adesso i conti tornano. Le armate in cravatta fanno meno paura.

Del resto i Greci hanno sempre mangiato pane, formaggio ed olive. Il sapore della libertà.

 

 

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