Cosenza – Nel luglio dello scorso anno, i poliziotti della Digos di Cosenza hanno effettuato una perquisizione domiciliare presso l’abitazione del cittadino marocchino bloccato presso l’Aereoporto di Fiumicino in entrata dalla frontiera turca da dove era stato respinto per motivi di “sicurezza pubblicaâ€. Al momento del controllo, oltre al passaporto marocchino con cui è stato identificato, era in possesso di un unico bagaglio a mano (zaino multitasche) contenente un pantalone di tipo militare con le tasche laterali, una camicia, biancheria intima, un tappeto da preghiera, un libro in lingua araba, una pubblicazione dei Fratelli Musulmani sui comportamenti che deve tenere un buon musulmano secondo il Corano, due telefoni cellulari e denaro contante per la somma di euro 800.
Nel corso della perquisizione il personale della Digos ha avuto modo di apprendere dai familiari presenti che nella stessa serata avrebbe dovuto fare rientro a casa, elemento contrastante con la sua presenza nella stessa giornata ad Istanbul da dove è stato respinto, motivo per il quale, unitamente ad altri, si legittimava la supposizione che lo straniero potesse essere partito alla volta della Siria con l’intenzione di combattere a fianco dei guerriglieri dell’ISIS.
Ciò posto e ritenendo probabile che il soggetto potesse reiterare il tentativo di recarsi in territori di jihad, sono stati attivati alcuni servizi tecnici e, contemporaneamente, sono state svolte alcune attività tipiche di Polizia durate oltre sei mesi.
Al termine dei predetti accertamenti si sono evidenziati ed accertati una serie di indicatori che hanno evidenziato una “naturale†propensione dello stranierol a sposare la causa dell’Isis: utilizzo di piattaforme di comunicazione diverse da quelle abituali (soprattutto whatsapp); l’accanito interesse per immagini, filmati e altri contenuti propagandistici riferiti all’organizzazione terroristica dello Stato Islamico, linkati quotidianamente tramite diversi siti telematici d’area, i cui contenuti rimandano a forme di addestramento e combattimento tra soggetti incappucciati, tutti contrassegnati dall’inconfondibile “brand†dello Stato Islamico; la volontà di raggiungere la Turchia e successivamente il progetto di trasferirsi in Belgio; l’estremo rigore nel seguire i dettami del Corano; alcuni accorgimenti tenuti durante la navigazione in internet per evitare di ricevere virus, per evitare di essere intercettati e come operare al fine di disattivarli.
I numerosi elementi raccolti sull’odierno indagato, pertanto, hanno costituito una solida base sulla quale integrare i diversi profili penali contemplati dalla nuova legislazione antiterrorismo, provvedimento emanato per affinare l’attività di contrasto al terrorismo internazionale con particolare riferimento alla fenomenologia dei cosiddetti foreign fighters, cioè di quei soggetti reclutati e/o addestrati/auto-addestratisi soprattutto in occidente che si spostano in aree di crisi per unirsi ad organizzazioni terroristiche.
Al termine delle attività d’indagine, la Procura della Repubblica presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro ha proposto al competente G.I.P. l’adozione di misura di custodia cautelare – per i reati contemplati dalla nuova legislazione antiterrorismo per come introdotta dalla legge n. 43 del 17 aprile 2015, con particolare riferimento alla fenomenologia dei cosiddetti foreign fighters, art. 270-quinquies del c.p. – che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del marocchino, eseguita in data odierna.