Albaneta, l’uso libero delle vie ai monumenti polacchi stabilito da Anders e dall’Abate Rea
21 Novembre 2016Cassino – Ripristinare lo stato dei luoghi di 70 anni fa, quelli stabiliti nell’atto notarile firmato nella Basilica di San Paolo a Roma tra il generale Anders e l’Abate Ildefonso Rea. Questa è la richiesta formulata in una lettera all’attuale abate Dom Ogliari, da Pietro Rogaciem nella sua qualità di Presidente della Fondazione del Museo Memoriale del secondo Corpo d’armata polacco presso il cimitero polacco di Montecassino.
L’architetto si riferisce ai tracciati stradali predisposti dal 2° Corpo polacco in occasione della realizzazione del Cimitero e dei tre monumenti posti a dimora sul pianoro dell’Albaneta.  “A questo scopo – si legge nella lettera – come Fondazione, rivolgiamo a Sua Eccellenza la richiesta di formalizzare il diritto di accesso ai tre monumenti polacchi posti nell’area dell’ Albaneta nelle modalità e caratteristiche già concesse dall’Abbazia oltre 70 anni fa e quindi da mantenersi attraverso i tracciati stradali realizzati dal 2° Corpo polacco negli anni 1944/45. Le spese per tale formalizzazione, che consisterebbe in un atto pubblico e conseguente annotazione catastale, sarebbero interamente a carico della nostra Fondazione, che, come Persona Giuridica riconosciuta, é perfettamente legittimata ad operare in Italia. Nel caso vi fossero problematiche di natura legale connesse al recente contratto di locazione, la nostra Fondazione valuterebbe di farsi carico degli oneri necessari alla risoluzione di tali problematiche. La Fondazione, una volta formalizzato il diritto di accesso, metterebbe a disposizione dei visitatori in modo gratuito e perpetuo l’accesso ai monumentiâ€.
Una iniziativa, quella di Rogaciem che avrebbe il pieno avvallo dell‘Ambasciatore della Repubblica di Polonia in Italia, S.E. Tomasz Ortowski, della Signora Anna Maria Anders, figlia del generale Anders e senatrice del Senato polacco e alti funzionari ministeriali, come il Signor Jacek Miler, Direttore del Dipartimento del Ministero della Cultura polacco da cui dipendono i luoghi della memoria polacchi all’estero. Ma da dove nasce l’interesse per quei tre monumenti di cui tanto si sta parlando. Per capire è necessario leggere attentamente lo scritto di Rogaciem che ricostruisce l’epoca storica in cui vennero messi a dimora e che cosa hanno significato, e significano tutt’ora, per il popolo polacco.
Il perché dei Monumenti polacchi
“I monumenti furono realizzati negli anni 1944/45 contestualmente alla costruzione del cimitero, con cui costituiscono un unico insieme storico-monumentale. Furono ovviamente realizzati per onorare l’eroismo dei soldati caduti, ma avevano anche un altro scopo. Tanti ci chiedono come mai il cimitero e i monumenti polacchi, a differenza di quelli inglese e tedesco, furono realizzati subito dopo la battaglia, a guerra ancora in corso, per giunta dagli stessi commilitoni dei caduti. La risposta a questa domanda va cercata nel particolare contesto storico di quel periodo. Il generale Anders sapeva che la sua Armata, nata nei gulag staliniani dopo la rottura dell’alleanza tra Hitler e Stalin e arrivata in Italia attraverso una lunga odissea, non avrebbe potuto far ritorno in patria dopo la guerra perché gli alleati anglo-americani, nella Conferenza di Teheran, avevano ceduto alle richieste di Stalin circa il nuovo assetto della Polonia dopo la fine della guerra: le regioni orientali della Polonia (da cui proveniva la maggioranza degli uomini del 2° Corpo polacco) sarebbero state annesse all’Unione Sovietica e la nuova Polonia del dopoguerra avrebbe fatto parte della zona di influenza sovietica. Con la nuova situazione geo-politica che si stava prefigurando, per gli uomini del 2° Corpo polacco tornare a casa significava tornare nel gulag. Non restava che la via dell’esilio e il gen. Anders ben descrisse il loro dramma in suo famoso libro del 1950 intitolato appunto “Un’ Armata in esilio”. In questo clima era importante perciò lasciare dei simboli che testimoniassero dell’esistenza di una Polonia diversa rispetto a quella atea e totalitaria che si stava delineando in base agli accordi di Teheran, poi confermati a Jalta. Simboli che servissero a testimoniare, ma anche a rivendicare una Polonia libera e democratica, quella per la quale i caduti di Montecassino avevano dato la vita (….per la nostra e la vostra libertà ….). Ecco perché i polacchi di Anders realizzarono subito i loro cimiteri già a partire dal 1944 a guerra ancora in corso. Per loro non ci sarebbe stato un dopoguerra nella loro Polonia. Non ci sarebbe stata una Patria che avrebbe provveduto a seppellire e onorare i caduti, come per gli inglesi o i tedeschi. Ma il generale Anders aveva visto giusto. I monumenti di Montecassino divennero, nel periodo del regime comunista in Polonia, un punto di riferimento per tutti i polacchi. Un simbolo di libertà che ispirava la resistenza ai dettami di un regime ateo e totalitarioâ€.
A fronte del ricordo di quanto avvenne, l’architetto Rogacien, sostiene che: “Nell’attuale situazione, che vede i luoghi in cui insistono i monumenti polacchi dati in locazione ad un imprenditore privato, che intende mettere a profitto tutta la zona, diventa preminente da parte polacca salvaguardare la libera accessibilità ai monumenti polacchi, partendo dal presupposto che questo può avvenire solo se la gestione degli accessi ai monumenti sarà indipendente dalle attività economiche del locatario dei terreni dell’Albanetaâ€.
“Reverendissimo Padre – si legge anche nella lettera – ci auguriamo vivamente che Lei possa accogliere positivamente la nostra richiesta e vorremmo poter spiegare più in dettaglio le ragioni della nostra iniziativa durante un incontro da tenersi presso l’Abbazia, se S.E. vorrà concedercelo. All’incontro parteciperebbero, oltre al sottoscritto, anche i membri di diritto del Consiglio direttivo della Fondazioneâ€.
La lettera è stata inviata il 2 settembre e il suo contenuto è stato discusso a Roma in un incontro tra l’Abate Ogliari, l’architetto Rogacien e l’ambasciatore polacco. Al momento si è in attesa di una risposta dal Sacro Monte.
Ermanno Amedei