Cassino – Il Premier Renzi sale sulla Fiat 126 per spiegare con metafore, i motivi del “Si†al referendum senza però mai citarlo. L’occasione è quella di stamattina all’assemblea Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) che si è tenuta nello stabilimento Fiat di Piedimonte San Germano. Durante il suo discorso, il Presidente del Consiglio è passato figurativamente più volte dal volante della prima vettura prodotta a Cassino, a quello della Stelvio, il nuovo fiammante crossover dell’Alfa.
È stata una metafora efficace ma forzata quella di affiancare le condizioni di una Fiat che finalmente va, a quelle di un Paese che arranca e l’amministratore delegato Sergio Marchionne non ha perso tempo a sottolinearlo.
“Arrivando in questo stabilimento – ha detto il presidente del consiglio Matteo Renzi – verrebbe voglia di guardarsi indietro quando nel ’72  venne prodotta la prima 126. Chi non ha bei ricordi di quella macchina? Ma la nostalgia e i ricordi è solamente un modo per guardare i luoghi. Guardiamo adesso questo stabilimento e vediamo che attraverso molte difficoltà negli anni passati quando alcuni evocavano la fine del settore auto in Italia, la Fiat è stata capace di rimettersi in moto. 4300 lavoratori che oggi lavorano con passione. In tutta Italia  ci sono queste realtà e questo Paese non ha mai smesso di essere Patria dell’auto. Poi c’è il futuro; 204 miliardi di incentivi fiscali che vanno investiti subito da chi innova davvero. E’ il più grande piano industriale fatto in Italia negli ultimi anni sventando i timori che questo paese potesse solamente auspicare di diventare il parco giochi del nord Europa. Siamo tornati a fare industria e dalla 126 siamo in attesa di Stelvio grazie ad un brand  storico come l’Alfa Romeo che riparte e che chiama il futuro. In Italia si può vivere di nostalgia e pensare che il tempo migliore non c’è piu; sono tanti che non hanno fame del futuro pensando al passato. Sono leader politici che hanno smarrito il senso della sfida al futuro. Siamo arrivati, m,ille giorni fa, con la gente che diceva che l’Italia non avrebbe fatto la fine della Grecia; sembrava fosse quello il massimo obiettivo. Noi pensavamo che l’obiettivo doveva essere fare meglio della Germania. Nel settore dell’automobile si sa quando sia difficile fare meglio della Germania ma qui, con passione mi hanno fatto capire che ci sino livelli tecnologici superiori a quelli di qualsiasi altro stabilimento del mondo. È cosi che deve essere il Paese. Se qualche anno fa avessero vinto qui i profeti del no a tutto, del chissà cosa c’e sotto, del blocchiamo tutto poi ripartiamo, oggi non ci sarebbe la presenza in 4.300 lavoratori, non ci sarebbe industria auto in Italia. Quelli che vogliono bloccarci, hanno migliori intenzioni  ma non si rendono conto che le spese non le fanno i mercati finanziari che sanno come salvarsi, ma se il paese si blocca chi ne fa le spese è il ceto medio, chi vive di stipendio. Vogliamo bene al passato, siamo innamorati della 126, ma teniamo ai lavoratori, alla gente e al futuro, dei nostri giovani, ecco perche aspettiamo la Giulia e la Stelvio“.
Frasi ad effetto ma accostare la Fiat all’Italia, con il dovuto raziocinio, è sembrato un po’ troppo forzato. Un Paese non è un’azienda seppur complessa come la Fiat e la Fiat non è chiaramente l’Italia. Non sappiamo se Marchionne glielo ha detto chiaramente ma ai giornalisti, il manager ha tenuto a precisare che il discorso di Renzi gli è piaciuto ma la sua Fiat sta più avanti dell’Italia.
Eppoi diciamolo chiaramente, l’Italia non è la Fiat e Renzi non è Marchionne. Â
Però in qualcosa Renzi è riuscito, quello di rimettere insieme, quantomeno nella stessa stanza, Fiat e Anfia, l’associazione del settore automobilistico, da cui il gruppo industriale, il più importante del Paese, è uscito  già dall’ottobre 2011. Nonostante ciò, l’associazione ha organizzato nello stabilimento Cassinate l’assemblea pubblica. La notizia buona della giornata c’è e passa per l’annuncio dei 1800 lavoratori di cui la Fiat avrà bisogno entro il 2018.
Ermanno Amedei
Foto Antonio Nardelli