Una settimana fa eravamo qui a denunciare il degrado giovanile in piazzetta a Cassino, a pochi giorni di distanza lo Stivale intero è scosso dall’omicidio di un giovane il cui sangue ha bagnato una piazza simile, quella di Alatri.
Un altro venerdì sera all’insegna del divertimento, un altro drink, musica a palla, polvere bianca, una bella ragazza e una parola di troppo o forse una banale precedenza non rispettata – un’ordinazione al bancone, stando alle ricostruzioni degli inquirenti.
Uno scenario che ogni fine settimana vede protagoniste migliaia di piazze italiane, migliaia di locali e, a volte viene dimenticato, migliaia di vite che vi si riversano, spesso persino svogliate e annoiate dal solito posto, dalla solita routine.
Quante voci impastate sentiamo alle prime luci dell’alba, quante teste rette dall’amico di turno dietro un albero, alberi che troppo spesso dopo queste serate restano storti per l’ennesima automobile che ha sbandato. Bottiglie di birra a formare file disordinate ai lati delle saracinesche, talvolta ultimo sorso di sacchi bianchi chiusi per sempre la mattina dopo.
E se c’è chi pensa che i controlli possano evitare le tragedie è pur sì vero quanto assurdo che questi non bastano. Piangiamo le conseguenze, additiamo le cause ma non indaghiamo mai sui principi motori delle sciagure.
Si resta indignati dai quantitativi di stupefacenti e quant’altro che circolano quotidianamente dinanzi a occhi ben pensanti, ma ci si chiede davvero perché le ultime generazioni abbiano necessità di questi consumi? Cosa viene tolto loro, cosa dato eccessivamente, cosa si potrebbe proporre in alternativa e cosa eliminare per arginare il problema?
Se quest’idea cominciasse a farsi strada nelle diverse aree del Paese forse – non possiamo averne la certezza, ma provare – le piazze tornerebbero ad avere il calore delle risate sincere, non la fredda vergogna dei cadaveri.
Giulia Guerra