Alatri - Mentre si attende l’esito definitivo delle indagini svolte dai carabinieri e condotte dalla procura di Frosinone, la drammatica vicenda di Emanuele Morganti lascia interrogativi anche sociologici e culturali di difficile interpretazione. Sull’argomento abbiamo registrato il parere di Margherita Spagnuolo Lobb dell’istituto di Gestalt HCC Italy, scuola di specializzazione in Psicoterapia (www.gestalt.it)
Cosa spinge un gruppo di giovani ad accanirsi contro un coetaneo ormai vinto, colpendolo fino ad ucciderlo.
“Una aggressività primitiva, l’incapacità di riflessione su se stessi – risponde la psicologa - La nostra società dello zapping, del click facile, il valore diffuso del cumulare informazioni e possibilità , a prescindere dalla loro assimilazione, ha portato a questo nuovo modo di essere primitivo, in cui si è vittime di impulsi non integrati in un senso di sé unitario. In altre parole, si fa ciò che sul momento viene di fare. Un altro aspetto che ha contribuito a questo risultato è la carenza delle relazioni primarie: pochi abbracci e poco tempo passato con i piccoli. L’insicurezza dei genitori, che hanno poca consapevolezza del proprio corpo, e quindi dei bisogni dei bambini, assieme alla crisi sociale, ha creato una condizione desensibilizzata in cui i bambini e i giovani oggi non possono riconoscere se stessi”.
Se accade un evento di questo genere, è dimostrazione di una società Malata? E’ possibile che possa tornare ad accadere di nuovo?
“Direi proprio di si, questi fatti accadono sempre più spesso e questo dovrebbe allertarci verso la necessità di creare luoghi di senso per i piccoli e per gli adolescenti, luoghi in cui possano sentire le proprie emozioni e condividerle con i coetanei”.
Come deve reagire la comunità in casi simili?
“Comprendendo il pericolo indotto da una società dell’immagine che non da alcun sostegno al vissuto dei giovani.  Casi simili dovrebbero farci capire che le condizioni in cui vivono i giovani sono impoverite, desensibilizzate, al limite dell’umano. Dovremmo sbrigarci a creare possibilità di incontri umani per i giovani, affinché possano sviluppare la fiducia verso le proprie emozioni e darvi un senso all’interno di relazioni significative.
Tutta la società dovrebbe occuparsi di questo, dalla politica alle agenzie educative e sociali, alle famiglie. Sarebbe opportuno fare leggi sulla famiglia e sull’educazione, assistere la vita dei bambini e dei giovani con possibilità di lavoro. Aiutare i genitori e gli insegnanti  con corsi di comunicazione e di competenze relazionali.
Dovremmo pendere a cuore fatti del genere e comprendere che la nostra umanità sta vacillando. Sono convinta che i giovani con questi ed altri comportamenti richiedono dal profondo del  loro essere, di essere fermati con amore dagli adulti, hanno bisogno che qualcuno che vuole loro bene gli impedisca di farsi e fare del male”.