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Omicidio di Alatri, i tasselli del riscatto. Messaggi contro l’omertà

Alatri - Alatri non è una città di omertosi, ma sulla morte di Emanuele Morganti, qualcuno sa più di quanto dice e, forse per paura o perché sotto ricatto, continua a nascondersi. Ne sono convinti tutti e in ogni modo si cerca di convincere quel qualcuno a squarciare il silenzio e permettere di fare pienamente giustizia.

Un foglietto sulla porta del Mirò, mantenuto da alcune puntine come fosse la lista delle cose da comprare, ricorda alle coscienze di chi legge, la necessità di collaborare con la giustizia.

“Siamo noi che dobbiamo andare a dire alla magistratura chi ha ammazzato questo ragazzo e perché”. Un messaggio posto sulla porta davanti alla piazza come rivolto ai giovani che quel maledetto venerdì notte la affollavano, così come Emanuele, per trascorrere una piacevole serata.

E’ a loro che quel messaggio è “parla” sperando che faccia breccia. Possibile che nell’epoca degli smatphone, quando microtelecamere e macchine fotografiche entrano in azione per ogni fesseria, nessuno ha ripreso un pestaggio durato tra i 10 e i 15 minuti?

I carabinieri che indagano sul caso avranno fatto certamente queste verifiche. A quanto pare avrebbero allungato la lista degli indagati portandola ad otto.

Gli investigatori sono sempre a caccia dell’arma del delitto, quella che, oltre alla violenza di calci e pugni, ha lasciato un vistoso segno sulla testa della vittima. Immaginiamo che la piazza è stata setacciata e passata palmo a palmo fin dentro la vasca della fontana che sta di fronte al Mirò.

Ma il vero riscatto per l’intera collettività è essere certi che chiunque avesse tasselli per chiudere il mosaico, non li abbia nascosti.

Ermanno Amedei

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